Via dei Biozzi, in bicicletta sulle vie della transumanza

Prima parte - da Viamaggio ad Arezzo 45 km

A convincermi a prendere parte a questo viaggio erano stati alcuni amici che conoscevano da parecchio tempo i due organizzatori, Doriano e Andrea, dell’èquipe di “Fuori dalle vie maestre”.

Il clima è fin da subito dei migliori e regna praticità e buonumore. C’è tempo per un breve giretto all’interno del “Centro Visite dell’Alpe della Luna”, completamente ristrutturato di recente. Pannelli, installazioni, video consentono un primo “avvicinamento” a questi ambienti naturali e all’intero comprensorio dell’Alta Valmarecchia. Si impara così la storia della gente dei luoghi, della loro cultura prettamente appenninica, dove fino a 50 anni fa, per vivere un po’, si sfruttava al meglio l’economia del bosco e si faceva ricorso all’emigrazione stagionale.

ciaobici via biozzi

Una sala dedicata alla Linea Gotica ci illustra che su queste montagne - punto di incrocio tra Valtiberina, Valmarecchia e Valle del Foglia- anche la Storia ha scritto pagine importanti. Badia Tedalda è un piccolo centro di circa mille abitanti (sparsi in più frazioni) alla testata della Valamrecchia; fuori dall’abitato il panorama è dominato dai lunghi ed ondulati crinali dell’Alpe della Luna. Il vento ha pulito il cielo dalle nuvole, c’è il sole, l’aria è tersa, tutto appare limpidissimo e soprattutto… è il clima ideale per pedalare.Pochi chilometri su asfalto in leggera salita, sulla provinciale.

Giusto il tempo di “scaldare la gamba” e raggiungere il vero e proprio punto di partenza della “via dei Biozzi”: l’antica fattoria di Viamaggio, nei pressi dell’omonimo passo. Un casale ancor oggi imponente e per certi versi misterioso, avvolto com’è da edere e rampicanti. Ci vive la signora Paola, una delle ultime discendenti di questa famiglia che in origine, nel Medioevo, era di notai, provenienti dalla non lontana Bagno di Romagna, ma poi nel tempo diventati i proprietari di vaste estensioni di terra in tutta l’Alta Valtiberina e l’Alta Valmarecchia, edificando così una delle principali famiglie di allevatori bovini, ma soprattutto di ovini.

Le loro greggi e le loro vacche ai primi decenni dei Novecento erano così numerose, che al momento di muoversi per la transumanza, creavano “carovane” così imponenti (parliamo di 5/6000 capi), che il tragitto compiuto per giungere in Maremma divenne noto proprio come “via dei Biozzi”. Queste cose le racconta proprio la signora Paola, che nel frattempo ci ha accolto in casa per il rito (ormai tradizionale: siamo già alla quinta edizione della “biciclettata”) della consegna del “bastone del vergaio”. Rito che però non può avvenire se prima non si fa onore alla tavola, imbandita con prodotti e piatti tipici locali, annaffiati da un ottimo sangiovese. Si mangia in compagnia; c’è un po’ di gente del posto che ci tiene ad essere presente alla partenza dei ciclisti e ne approfitta per raccontare ulteriori dettagli sulla transumanza.

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Che qui, davvero, ha segnato la storia di una comunità, per secoli. E che anche nel momento della sua conclusione ha per così dire “lasciato il segno”, perché gli ultimi transumanti, soprattutto i loro figli negli anni Cinquanta, dopo i lavori di bonifica in Maremma, hanno scelto di abbandonare definitivamente Badia Tedalda e la montagna per diventare contadini e poi presto anche ristoratori e albergatori, nel grossetano.

Il bastone del vergaio, all’epoca della transumanza era un lungo e robusto bastone (ricavato da un ramo di avellano) che il proprietario consegnava al “vergaio” (il capo dei pastori) affinché vi incidesse tutte le notizie e i dati più significativi sui mesi che le greggi trascorrevano in Maremma: numero dei capi in partenza, numero degli agnelli che nascevano, numero degli animali che venivano macellati o che morivano per altre cause, e così via. Oggi, mentre la signora Paola lo consegna ad Andrea (il nostro moderno vergaio) e mentre tutto attorno i presenti applaudono, mi chiedo cosa mai potrà incidervi. Suppongo che sia soltanto un “atto rituale”, ma i giorni successivi si incaricheranno di dimostrarmi che mi sto sbagliando: Andrea vi inciderà diverse notizie relative al nostro viaggio: chilometraggi, dislivelli, episodi salienti… Davvero un road-book sui generis!

Il viaggio è ufficialmente cominciato: a pedalare siamo in 8 (5 uomini e 3 donne) mentre bagagli, masserizie varie e il lungo bastone del vergaio viaggiano su mezzi di appoggio, guidati da altri membri dell’èquipe di “Fuori dalle vie maestre”: Lorenza e Stefania.

Approfondisci qui. In pochi chilometri di salita, arriviamo al Passo di Viamaggio, luogo sempre suggestivo, a ricordarcelo è anche il fatto che qui passava la Ariminensis (che collegava Arezzo a Rimini). Mentre noi fantastichiamo di legioni romane impegnate a varcare gli oltre mille metri di questo passo, Andrea ci riporta a tempi piùciaobici via Biozzi transumanza recenti.

Ci ricorda che negli ultimi decenni dell’Ottocento da queste parti transitavano i contrabbandieri che compravano le foglie di tabacco dalle parti di Città di Castello per andarle poi a rivenderle in Romagna. Un traffico a cui nel tempo si sono legate storie, aneddoti, leggende di ogni genere. Non c’è tempo per ascoltarle tutte! Andrea riprenderà il discorso a cena; nel frattempo piacevole e velocissima discesa su asfalto per alcuni chilometri, fino ad incontrare lo stradello che scende al Tevere passando per la frazione di Castelnuovo.

Attorno a noi estesi prati verdi, con le floride chianine al pascolo; se alziamo lo sguardo, invece, il panorama si apre verso il lago di Montedoglio e Sansepolcro. E oltre il lago, fino ad Anghiari e ai Monti Rognosi. La discesa si fa a tratti ripida e su strada dissestata ma le nostre Mtb non temono certo un fondo del genere; in breve siamo al ponte sul Tevere, in località Formoli. Breve tappa per notare - come ci spiega Doriano – che stiamo seguendo (e seguiremo) l’antico tracciato della “via dei Biozzi”, ma con un paio di piccole eccezioni, una delle quali ci sta proprio di fronte: per raggiungere la frazione di Ponte alla Piera non taglieremo il colle sulla nostra destra (come appunto facevano le pecore dei Biozzi), perché il sentiero non c’è più. Sfrutteremo invece la quasi parallela strada, aperta dopo la costruzione della diga, che corre vicina alla sponda del lago.

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Dunque, un piacevole tratto “lungo-lago” che poi diventa falsopiano e infine salita fino a Ponte alla Piera.Siamo a due passi da Caprese Michelangelo ma non ci arriveremo. Il nostro itinerario ci porta ad entrare nel piccolo abitato e - dopo aver superato l’antico e bellissimo ponte romanico - facciamo sosta per incontrare alcune persone del luogo. Inaspettatamente, un signore di mezza età se ne esce declamando una poesia in ottava rima dedicata proprio alla transumanza: una piacevolissima sorpresa! Poi Lorenza (una delle nostre autiste), espertissima “lettrice” (è una che in passato ha lavorato anche nel doppiaggio cinematografico e a teatro) ci legge un brano dedicato a un particolare aspetto della transumanza, ovvero i preparativi dei pastori per la partenza.

Riempiamo le borracce presso una vecchia fonte, quindi di nuovo in sella su una carrareccia (ben presto sentiero ciaobici via transumanzasconnesso) che scende fino ad un fossato facilmente guadabile. Occorre fare attenzione, ci sono tratti di vero e proprio single-track, ma la cosa alla fine risulta piuttosto divertente. Siamo all’interno della riserva dei Monti Rognosi; di nuovo in un ambiente naturale molto suggestivo. Si pedala in mezzo a un fitto bosco, su un antichissimo selciato, che nella prima parte è ancora un po’ sconnesso e che diventa più pedalabile in seguito e consente di salire con regolarità fino all’imbocco del Castello di Montauto.

Sistemato un piccolo incidente di viaggio (sostituzione di una maglia di catena) si riparte per raggiungere un incrocio in cui il sentiero si immette su strada a fondo naturale. A destra si potrebbe salire al Castello di Montauto, ma è proprietà privata. Doriano ci offre comunque qualche ragguaglio su questa antica fortificazione, che domina la valle dall’alto dei suoi 780 metri.

Veniamo così a sapere che l’attuale castello risale al 1534, ed è stato edificato su una fortezza precedente all’anno Mille distrutta dai Fiorentini (poco lontano da qui nel 1440, si svolse la battaglia di Anghiari, tra i Fiorentini - vincitori - e il Ducato di Milano). La discesa su sterrato ci porta fino al Valico della Libbia (o Valico della Scheggia), altro antico e conosciuto luogo di transito tra l’aretino e la Valtiberina.

Transitiamo attraverso un antico nucleo abitato circondato da magnifici alberi secolari: Casa di Gello, il nostro alloggio serale di proprietà della curia di Arezzo. La temperatura gradevole ci permette di cenare nel cortile, rilassante, in compagnia di un tramonto da favola con la montagna che sussurrava i suoi rumori fatti di lunghi silenzi interrotti dal nostro garrulo vociare e… dall’acciottolare dei piatti.

Anghiari, specie di notte, è davvero un posto da favola. Merita la nostra visita notturna e camminare per i vicoli del centro storico medievale, perfettamente conservato, significa immergersi per alcuni istanti in un altro mondo, in un’altra epoca. Proprio quel che ci vuole per concludere degnamente questa prima giornata di viaggio! (Fine prima parte)

ciaobici anghiari notturna

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