Lettonia III^ - cicloturismo a Capo Kolka

da Jurmala a Capo Kolka

 "Una bolla di sapone iridescente è la musica" (V. Jankelevictch).

La spiaggia, in lettone Jurmala. Un nome meritato per questa località con una costa di 30 chilometri trasformata in spiaggia. Pochi i turisti in questi giorni di giugno. I lettini bianchi attendono, impilati, giornate più calde. I punti di ristoro, chiusi, non mostrano i capienti boccali di birra allineati sui tavoli. Il silenzio è rotto dal grido dei gabbiani che si contendono, vivaci, il cibo lanciato in cielo da una giovane donna sorridente, avvolta da ali e grida.

Sono le prime immagini registrate sui pixel delle nostre fotocamere. Sono le prime pedalate sulla sabbia, inconsueta ciclabile di questo viaggio. Iniziamo un viaggio e un racconto lasciato incompiuto dodici mesi prima. (citare la pagina visibile alla pagina da Riga a Jurmala)

Da Jurmala a Mersrags 70 km.

La strada che porta verso capo Kolka corre lungo la costa ed è l'unica. I villaggi attraversati nei primi chilometri (Majori, Dubulti, Lielupe, Dzintari) erano un tempo abitati da pescatori e le loro case ora sono in ristrutturazione per trasformare tutta la località in zona residenziale e balneare. Sulle dune hanno già preso posto abitazioni moderne e signorili, inserite in un mondo naturale con design coraggioso e di buon gusto.

Stiamo seguendo una ciclabile che si allontana dalla spiaggia, e ci porta piano piano verso l'arteria principale. Kapu iela la via principale, finisce tra l'azzurro dei muri del campanile e della chiesa ortodossa di Dzintari. Anche se la ciclabile posta ai lati della strada presenta tratti in buono stato, risulta più conveniente proseguire sulla carreggiata evitando i continui tratti dissestati da buche, da radici e da marciapiedi non allineati. In questi luoghi, a Lapmezeciems più di altri, la conservazione del pesce avviene tuttora in parte con l'affumicatura.

Diventa una curiosità quindi stabilire un contatto con questa realtà, e d'obbligo un abbondante acquisto delle differenti specie. Un negozietto lungo la strada risulta essere il luogo ideale per calmare la curiosità e la sensazione di fame imminente. Si mangia spesso più con gli occhi che con la bocca, così il peso abbondante per l'acquisto di pesce va ad aggiungersi a quello già esuberante delle borse. Piove.

"Per sapere se la pioggia terminerà bisogna guardare verso l'orizzonte da dove viene il vento" ci dice il ragazzo russo fermo al bar, che ha depositato la sua tavola da surf per assenza di vento. Il cielo, verso qualsiasi orizzonte si guardi, è scuro. La situazione non cambia per parecchie ore. Non resta che attendere riparati dentro un bar in compagnia delle commesse che ci servono birra, caffè, gelato e dolcetti. Due donne intanto, al termine del servizio in cucina, consumano davanti a noi, un vassoio stracolmo di fragole e cioccolatini, incuranti della loro necessaria dieta.

"Uno, due, tre, via" ci fa eco il ragazzo russo quando ci vede finalmente pronti e per nulla indispettiti nell'affrontare la pioggia. Quasi una spinta per noi il suo invito, un augurio per lui il nostro saluto. Si entra nella natura protetta dell'area del lago Engure dove i cartelli indicano, che con breve deviazione, è possibile ammirare lungo la riva, siti di nidificazione di uccelli migratori e una ventina di specie di orchidee: le uniche presenti nella zona del Baltico. La pioggia non favorisce l'umore per incontri di questo tipo. Si pedala sulla parte centrale della strada, la parte più libera dall'acqua, che continua a cadere.

Se il traffico lo richiede si pedala anche sui bordi della carreggiata e l'acqua torbida si solleva dalle pozzanghere formatesi dai rattoppi di asfalto male eseguiti. Le vetture in transito completano la nostra doccia con spruzzi freschi e sottili. Barciems, una località lungo il percorso, offre una ciclabile in buono stato per parecchi chilometri, ma senza il sole. Si nota la ciclabile in costruzione fino a Mersrags.

Finalmente dentro la sauna presso la Guesthose Vetrasputns, ogni poro della pelle ringrazia il torrido vapore che penetrando espelle, insieme agli acidi urici, anche ogni piccolo fastidio dell'ultimo tratto in bicicletta. Ritorna il buonumore e rimane a lungo, aiutato da una gustosissima cena di tipo famigliare servita da Andis, la proprietaria. La tivù nella lingua incomprensibile facilita il sonno.

 

Da Mersrags a Kolka 80 km.

Piacevole il percorso ciclabile che porta al faro (non visitabile) di Mersrags. Presso il capo, la spiaggia contende lo spazio al canneto e alle dune colonizzate da un bosco di aghifoglie. Il mare immobile riflette il cielo plumbeo. Seguendo lo sterrato è possibile ritornare sulla strada n.131 della costa con qualche difficoltà dovuta a tratti sabbiosi. Nota di merito di questi difficili chilometri è il silenzio. Il silenzio qui ha il suono del verso degli uccelli, delle fronde mosse dal vento e delle felci, che rigogliose nell'umido sottobosco, sembrano offrire all'orecchio il muto vociferare della loro crescita.

Lungo la strada cercare qualcosa di attraente oltre alla costa è impresa difficile. Segnalazioni dei punti di interesse portano alle diverse spiagge. Nei pressi di Kaltene una di esse è ben attrezzata con panche e servizi igienici; attende turisti curiosi. Oltre a prendere bagni di sole si possono osservare a dovuta distanza cigni, cormorani e Tadorna Tadorna volatile simbolo di questo tratto di costa. Lungo la 131, la ciclabile è in costruzione fino a Roja. L'importanza e la dimensione di questa cittadina sono già significativamente mostrate nella grande scritta bianca all'ingresso della città.

Sulla foce del fiume omonimo sorger il porto commerciale e turistico. Sulla banchina sono ammassati cumuli di fusti di alberi in attesa di spedizione. I pochi ospiti sulle imbarcazioni civili, pigramente, gettano lenze in acqua. La bellissima spiaggia bianca è l'altro tesoro di Roja. Il sole sembra aver prosciugato le grosse nuvole e dal cielo blu scendono luce e calore. Il nostro gruppo, dopo le foto di rito, si disperde a cercare riposo e tintarella.

"Mi capita di avere la mente talmente libera che devo sforzarmi per pensare a qualcosa e poco dopo mi trovo con mente libera incapace di proseguire il pensiero" filosofa un membro del gruppo nel torpore del riposo. "E' un bisogno utilitario ed edonistico lasciar sfilare immagini in una sorta di dormiveglia" posso consigliare, ora, all'amico con il pensiero di Benedetto Croce. E davanti a me:

"attraversa la nave l'orizzonte portando con sé i miei quieti pensieri. Obliati sogni di un fuggente riposo" (L.H. Stone)

 La spiaggia di Purciems, dieci chilometri più avanti, descrive il selvaggio e il naturale di questo Paese. Le forti mareggiate invernali sradicano alberi che restano ad essiccare nei mesi successivi intrecciati con arbusti, legni e oggetti portati dalle maree. Scafi rovesciati di barche arenate, attendono un impossibile recupero. Funi e catene trattengono ormeggi sepolti. Pozze di acqua, non più limpida, mantengono in vita erbe e canne radicate definitivamente. Sotto le nostre ruote, conchiglie minute, si frantumano scricchiolando.

E' piacevole continuare a pedalare su questa spiaggia e0 decidiamo di farlo per quasi otto chilometri. Il paese successivo è a portata di pedale, tanto vale raggiungerlo gustando l'impareggiabile ciclabile inaugurata sulla sabbia. Ma, il cartografo del gruppo ha sottovalutato un segno azzurro che arriva sino al mare: un fiume che qui alla sua foce sta scorrendo proprio davanti a noi.

"Largo, profondo e freddo" sentenziò l'esploratore che, scalzo e nudo, ha cercato un guado. I suoi aggettivi ci costringono a riprendere la strada del ritorno, sconfitti dopo aver elaborato ogni possibile soluzione, compresa quella del progetto di un ponte tibetano. Il Gps conferma che poche centinaia di metri a ovest corre la strada. Raggiungerla sembra facile e decidiamo di farlo imboccando il primo sentiero che procede in quella direzione. Si prosegue con bicicletta spinta a mano, su sentiero di sabbia dove la ruota sprofonda di un quarto.

Zanzare agguerrite per l'insaziabile sete di sangue (e di sudore grondante dal nostro fisico maschio), non temono lo spray insetto-repellente, spruzzato sul corpo e nell'aria. La strada si divide. Prendiamo a sinistra. "Sarebbe stato meglio a destra". L'intreccio del sottobosco si rivelò arduo e lo sarebbe stato anche per esperti cercatori di funghi. Decidiamo di prendere la direttissima verso ovest, il Gps non può sbagliare. Le imprecazioni sono i soli rumori presenti in quel tratto di bosco a misura di bicicletta.

Tra felci, rami secchi, mirtilli e rododendri, attorniati dal brusio di mille insetti e dalle pulsazioni che sembrano uscire dal petto, ci aspettiamo l'incontro con l'alce e con il cinghiale. Avvertiamo invece il rumore di una vettura. Porta all'orecchio il rotolamento di pneumatici sull'asfalto ruvido. Porta soprattutto il sapore della salvezza. A quel punto più che la forza poté l'adrenalina. Salutiamo, sul ponte stradale, il fiume Melnsilupe che ci costrinse alla resa. Negli ultimi 15 chilometri di avvicinamento a Kolka guidiamo pericolosamente la bicicletta con una mano sola. Una o l'altra è impegnata a lenire le punture e i lividi raccolti nel sottobosco.

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