Norvegia percorso a tappe in bicicletta - seconda parte. La prova della Rallarvegen

Quando i ghiacci si ritirarono il paesaggio era contraddistinto dalla caratteristica forma a U che si attenua solo nella parte alta delle valli. Si incontrano pietraie che si perdono su tutto l’altopiano dell’Hardangervidda, il più grande della Norvegia

Dagali - Haugastol: 50 km circa 

06 bikers di praga

Nonostante viaggi solo, mi rendo conto di trovarmi a mio agio. Il territorio è vasto e la percezione dello spazio è difficile da avere: oltre il panorama all’orizzonte, ancora paesaggio, che anch’esso finisce in un altro. Cosi via fino a darmi la sensazione di infinito.

La strada si srotola sotto le mie ruote, e cerco di acuire i sensi per assorbire il più possibile tutte le sensazioni che percepisco: il profumo del sottobosco, il fresco della brezza sul viso, il cinguettio degli uccelli, il rumore del vento tra i rami, il gentile suono del torrente nel bosco e il frastuono di cascate prepotenti. Il sole nel cielo azzurro cosparso di fiocchi di nuvole bianchissime balugina tra le foglie: un momento magico dove la natura è protagonista ed anche il suono delle parole in una lingua sconosciuta ha un fascino remoto, particolare.

Sono sul Skuradlsasen un altopiano con laghi, vista magnifica, boschi di larice, betulle e zone aperte con prati, muschi e licheni. Mi attende l'altopiano Kikkut con tutte le nuove costruzioni del comprensorio di Geilo. La Geilo che mi ricordavo è un po’ trasformata per favorire gli sports invernali. Cerco l’albergo che mi ospitò nella vacanza precedente e mi accorgo che non è cambiato nulla. Caminetto ed atmosfera accogliente potrebbero trattenermi ma la giornata che ho davanti è ancora lunga. Pedalo in direzione nord ovest, fino a salire a quota 1000, a Ustaosed, sull’altopiano Hardangervidda.

Poi la strada spiana correndo lungo la sponda di un lago. Qualche isoletta con una casetta. La meta quotidiana è a Haugastol. Il poco sole, nell’interminabile tramonto, è ancora sull’orizzonte.Sono finalmente arrivato sulla mitica Rallarvegen. Una foto di rito sotto il cartello che ne indica l’inizio e lo sguardo sereno di pochi turisti.

La stagione migliore per affrontare la Rallarvegen è l’inizio d’agosto quando il caldo sole e la poca pioggia offrono la migliore perfomance. Chiedo al gestore se sia fattibile percorrerla in una tappa unica. Mi risponde che è meglio fare tappa a Finse e proseguire il giorno successivo per l'arrivo a Flam (situato in un profondo braccio, del famoso Sognefiorden, chiamato Aurlandsfiord). Recepisco il messaggio, lo digerisco e concludo che domani mi farò la Rallarvegen tutta di un fiato: 85 chilometri.

Haugastol - Flam 85 km.

07 i tre passi

La giornata si presenta con nuvole scure e vento che naturalmente soffia contro. Il fondo in sterrato, ma in buone condizioni. Viaggio agevolmente. Saliscendi e qualche ponte da attraversare. Osservo la vegetazione rada, cespugliosa con basse betulle, muschi e licheni, e intorno laghi montani spazzati dal vento. Nel primo tratto fino a Finse la strada è abbastanza larga da consentire il passaggio di un’auto, solo in alcuni punti è rovinata ma sempre percorribile. Qualche breve strappo, ma la pendenza ritorna subito pedalabile.

Il paesaggio salendo di quota diventa completamente brullo e roccioso. Qui proliferano solo muschi e licheni. Attorno ai corsi d’acqua cresce un fiore bianco che assomiglia al cotone e ricorda la chioma dei Trolls, folletti dei boschi nordici. Tutto è così imponente nella sua solenne semplicità. La strada si insinua solitaria nella conca di questa valle, modellata da remoti ghiacciai che hanno trascinato ogni cosa sotto la loro mole modificando l’aspetto di queste regioni. Quando i ghiacci si ritirarono il paesaggio era contraddistinto dalla caratteristica forma a U che si attenua solo nella parte alta delle valli.

08 vasstulan

Si incontrano pietraie che si perdono su tutto l’altopiano dell’Hardangervidda, il più grande della Norvegia, che si estende fino a strapiombare nei fiordi, gli stessi della regione dell’ Hordaland che dall’Atlantico si addentrano profondamente, a volte per centinaia di chilometri, come il Sognefjord più di 200 km, dominando il paesaggio di queste straordinarie regioni. Raggiungo Finse, l’unico paese dotato di stazione ferroviaria, poco dopo mezzogiorno. Qui c’è un discreto via vai di trekkers, bikers, gruppi di ragazzi con lo zaino sulle spalle, e tutti stanno facendo funzionare le mascelle. Decido che è ora di far funzionare anche le mie.

Termino con un bel caffè lungo e una fetta di torta al cioccolato: buonissima, come tutti i dolci che assaggiati da queste parti. Il percorso che dovrei seguire diventa una strada off limits alle auto.Non che fino a qui ne avessi incontrate molte. Ricomincio a pedalare; la lieve pendenza non dà problemi, solo in alcuni punti è meglio scendere e spingere per pochi metri a causa del fondo sconnesso e della pendenza. La bici carica pesa circa 40 kg, e su questo terreno, se perdi il ritmo, ripartire non è facile.

Le rocce che contraddistinguono il paesaggio sono ricoperte di licheni di un brillante verde acido, e tra una roccia e l’altra c’è uno spesso manto di muschio dove le gocce d’acqua galleggiano creando un bel effetto. Per alcuni chilometri si viaggia sopra i 1200 msl e i laghetti si susseguono uno dopo l’altro, e poco oltre la neve e i ghiacciai sono a portata di mano. Raggiungo il punto più alto del percorso a quota 1343 slm (o come è scritto sul cartello m.o.h.). Mi raggiunge anche un ragazzo norvegese che avevo incontrato lungo strada. Reciproca foto di rito.

09 altipiano verso dagali

Ci scambiamo alcune considerazioni sulla strada e sulla fatica che gli operai dell'epoca hanno affrontato, sia per le difficoltà insite nei luoghi, ma soprattutto per le attrezzature che avevano a disposizione a quei tempi. Per scavare le gallerie usavano mazze e picconi. Lungo strada ho incontrato una casa dove su una parete in bella vista erano fissati alcuni di questi attrezzi. La via sterrata inizia a scendere più decisa, la valle che mi si para davanti, è la testata della valle che si conclude a Flam, dove il torrente appena nato sfocia, gioiosamente, nell’acqua fredda e salata del fiordo.

Quando gli ingegneri Norvegesi progettarono la ferrovia dovettero deciderne il tracciato, lo svilupparono attraverso quella parte di regione che offriva i minori disagi e pensarono una realizzazione che non implicasse la costruzione di troppe gallerie; il tracciato era deciso, e attraversava una regione dove esisteva solo natura. La prima cosa da fare era la strada che doveva consentire un’agevole transito agli operai ai loro mezzi e alle attrezzature. Quando, dopo anni di sofferenze e di fatiche, la ferrovia fu inaugurata, la strada passò in secondo ordine, finendo per servire alla manutenzione della stessa e niente di più, solo ultimamente questo tracciato è stato scoperto e si è pensato di tenerlo costantemente fruibile ad un turismo escursionistico e soprattutto ciclistico.

Con l’avvento delle mountain-bike poi la strada ebbe la sua elezione a tracciato culto; qualcuno ha detto che è il paradiso dei bikers, e devo ammettere che chi affermò questo, aveva pienamente ragione. Ognuno di noi vive le emozioni in modo personale; per me vivere questo momento ha significato il compimento di un piccolo progetto che mi aveva sempre affascinato, e ho vissuto ogni metro di questa strada con grande soddisfazione e emozione: grazie, vecchia strada degli operai. Haugastol, Hallingskeid, Mydral, Flam, Halligskeid sono nomi che mi faranno sempre emozionare, vuoi per il torrente che si incunea con rapide decise e tortuose, vuoi per le cascate o per il tracciato pericoloso, o ancora per i laghi e i muschi o per le valli e le rocce, ovvero per tutti quei particolari che si possono vedere solo vivendoli.

11 haugastol

La discesa è talmente ripida che l’unico impavido che resta in sella è il sottoscritto, eppure ho bevuto solo the. Confido nei miei freni idraulici della Nigura che finora non mi hanno mai tradito. Il fracasso che fanno le mie borse mentre traballano sui portapacchi è preoccupante, ho il timore che si spezzi qualcosa. Arrivo in fondo alla serie di tornanti ancora in sella e mi riprometto di dare una controllata alla mia attrezzatura all'arrivo in campeggio con calma. Il fondo valle è stretto e la strada corre sul greto del torrente o nel fianco della parete rocciosa.

Qualche galleria rende il tutto più affascinate. Le gole sono profonde e il torrente scorre con impeto facendo del suo rumore una vivace colonna sonora. Ora il bosco e il sottobosco assume a tratti i colori del precoce autunno. Sui declivi zone prative a pascolo e qualche orto su gli spiazzi rubati al bosco. Una fattoria è costruita vicino ad una cascata in un angolo di paradiso: ritengo che per capirsi debbano gridare tutto il giorno. L’asfalto! Mi rendo conto che la mia avventura sullo sterrato della Rallarvegen volge al termine.

Attacco finalmente l’adesivo logo sul telaio della bici che, per scaramanzia, avevo voluto aspettare per questo momento. Flam si presenta con una bella chiesetta e un albero a fianco molto più alto. Osservo il porto, la stazione del treno e quella del bus. Tratto con la reception del campeggio e prendo la piazzola per tenda con 100 Nok. Il menù della sera viene rallegrato dalla compagnia di due bikers tedeschi, insegnanti, e apprezzano i miei spaghetti “all'arrabbiata” con aggiunta di olio piccante. Su mia segnalazione decidono di percorrere la Rallarvegen in treno almeno fino a Ustaoset.

13 cancello dopo finse

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