Sovietistan, Erika Fatland. Ritratti di Paesi e Uomini Creatori della loro Storia
La lettura di Sovietistan di Erika Fatland ha rappresentato un viaggio che, seppur virtuale, è stato intenso e sorprendente in ogni sua fase. Ho attraversato mentalmente queste terre dall'estensione vastissima, accumunate da culture, tradizioni e culti simili, ma divise da confini artificiali, talvolta tirati con il righello.
Ho intuito che la Storia che studiamo a scuola è Europa centrica: delle civiltà che si sono avvicendate in Asia Centrale, alternando periodi illuminati ad altri di distruzioni e razzie, noi Europei abbiamo una conoscenza vaga e superficiale. Come se le civiltà degne di aggiudicarsi un posto nella Storia fossero solo quelle “di casa”. La Storia più antica dell’Asia Centrale ci lascia in eredità tradizioni difficili da accettare come il ratto delle spose. I racconti dolorosi delle ragazze rapite mi hanno trasmesso angoscia e sofferenza: sentivo addosso la loro impotenza e rassegnazione e mi ha sbalordito quanto questa usanza sia accolta con naturalezza dalle comunità e dalle famiglie.
Il racconto di costumi e consuetudini "medievali" viene alleggerita dalla storia del Museo Savickij che ci solleva l’animo, offrendo all'immaginazione una grandissima collezione di arte dell'avanguardia artistica russa. Ma le radici di tanta bellezza affondano ancora una volta nella pena e nella sofferenza: la nascita del Museo è legata alle vicende drammatiche di persone che hanno subito violenze e deportazioni nel nome dello spaventoso disegno di omologare popoli e culture, in primis dai bolscevichi e infine dai comunisti.
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L'eredità lasciata da settant'anni di regime sovietico ha qualche piccolo risvolto positivo come la diffusione della scolarizzazione in terre in cui l'analfabetismo era quasi totale. Ma il crollo del regime sovietico consegna, ai cinque Stan, quattro dittature piuttosto feroci, comunità con una salute compromessa da centinaia di esperimenti nucleari e da politiche agricole dissennate, e alcuni preziosi e delicati ecosistemi irrimediabilmente danneggiati. Alcuni territori come la valle di Fergana, dove convivono, con molta diffidenza e attrito, diverse etnie, sono delle polveriere.
Altri territori, come il Pamir, sono talmente isolati dal punto di vista geografico che la vita scorre fuori dal tempo, economicamente molto provata, ma umanamente ricca di relazioni e serena, per quanto possa concedere la povertà. Il mosaico ambientale è vario e stupefacente, con un marcato divario tra lo stile di vita semplice e essenziale delle campagne e la vita, talvolta fintamente moderna, delle capitali, ma le genti che ci vivono sembrano avere alcuni denominatori comuni: l'amore viscerale per i cavalli e una stupefacente nostalgia dell'Unione Sovietica.
Ringrazio l'autrice Erika Fatland per avermi accompagnata, senza giudizi ma con dovizia di particolari, in questo viaggio, complesso e interessante, sognando di poter prima o poi visitare quelle terre aspre e affascinanti.
Altri particolari su Sovietistan di Erika Fatland
Igor' Vital'evič Savickij in russo Игорь Витальевич Савицкий? (Kiev, 4 agosto 1915 – Mosca, 27 luglio 1984) è stato un pittore e archeologo sovietico. Collezionò durante la sua vita un grande numero di capolavori pittorici delle avanguardie russe ed uzbeke (si stima che la collezione sia di circa 81500 tra disegni e quadri) banditi dalla censura sovietica ed i cui autori furono perseguitati dal regime, spesso imprigionati e deportati. La straordinaria collezione è visibile nel museo Savickij di Nukus, capitale del Karakalpakstan, repubblica dell'Uzbekistan. Proprio l'isolamento del Karakalpakstan permise a Savitsky di preservare questi tesori. (fonte Wikipedia) |