Le Alpi in Bicicletta di Elisabeth Robins Pennell, libro di un record del 1898

 E’ una scommessa con se stessa. Mettendo alla prova la sua tenacia e le forze che potrebbero sorreggerla, riesce ad attrarre il lettore nelle peripezie in questa sua avventurosa iniziativa. La bicicletta è la protagonista del simpatico libretto che narra il cicloviaggio. 

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Il lettore trattiene il fiato durante alcune narrazioni di aspetti coinvolgenti dell’impresa, dall’altra parte c’è l’intraprendenza di una donna “moderna” all’epoca 1898 che fatica quanto un uomo, suo marito, incarnando un ruolo particolarissimo per l’epoca, la cicloviaggiatrice, quando le carrozze erano ancora trascinate da cavalli e la donna cercava, voleva e riuscirà ad ottenere il record di essere la prima a superare dieci passi delle Alpi in bicicletta. E che passi, e con che bici! Leggiamo il suo diario.

Il mio primo Passo: Col de la Faucille.

Si tratta del valico di alta montagna nel dipartimento dell'Ain, nel massiccio del Giura francese, (collega la città di Gex, nell'Ain, alle città di Les Rousses e Saint-Claude, entrambe nel dipartimento del Giura) è stato il primo passo che la donna ciclista ha valicato. Raggiunge i 1323 con una pendenza media del 6.3%. Tutto questo non interessava a Elisabeth Pennell perché…”pedalavo, pedalavo, non avevo fretta e piano piano salivo mentre lui (lo svizzero che aveva incontrato lungo la salita) sbuffava e ansimava come una locomotiva, finchè la strada spianò all’improvviso e cominciò a discendere lungo i pendii del monte. Con un grugnito finale di trionfo capitombolò andando a finire quasi sotto un’automobile”.

 “Mi accorsi che da lì potevo ammirare un bel panorama e lo spettacolo che si presentò era straordinario…vagavano in cielo vasti banchi di candide nuvole”. In discesa “la bicicletta assorbiva tutta la nostra attenzione". All’epoca si pagava per entrare in territorio svizzero diciotto franchi e l’espressione con cui apostrofa il fatto la donna ciclista, sembra una maledizione. “La Svizzera dovrebbe sparire dalla faccia della terra sin da domani”.  Era solo il commento del loro umorismo tagliente di viaggiatori stanchi? E se ne esce con una ironica meditazione: “La gran parte delle strade furono costruite da Napoleone e ora che Napoleone è morto, stanno andando in malora. Le più aspre montagne svizzere sono state scalate dagli Inglesi, gli alberghi svizzeri sono mantenuti con il denaro degli americani e se non ci fosse stato Gessler, anch’egli straniero, non avrebbero neppure avuto un eroe da music-hall come Guglielmo Tell”.

Non videro il Monte Bianco; lo videro sulle cartoline, ma secondo la loro opinione “non sarebbe mai apparso nelle fotografie se i fotografi non lo avessero dipinto”. Passarono la serata a Ginevra. Ricorda che a volte le Alpi si nascondono dietro nuvole e foschie: un invito a non avere aspettative rigide.

Il mio secondo Passo: la Tete Noire

Bonneville, Cluses, fermata a Callanches. La mattina seguente lungo la via che saliva a St. Gervais-les-bains presso La Fayet, uno squarcio tra le nuvole lasciò intravedere il Monte Bianco con tutta la sua catena innevata. Si rimisero in viaggio verso la Tete Noire pedalando verso Argentiere. E c’è ancora la straordinaria imprecazione contro gli svizzeri che non sprecano risorse se non hanno un tornaconto. Si rivolgeva allo stato delle strade: “Secondo il giudizio di Byron, espresso molto prima di Ruskin, la Svizzera sarebbe una “maledetta, lurida tana di esseri egoisti e primitivi”….” La gente sopravvive citando Shelley succhiando il sangue dei viaggiatori come fanno le mignatte con il malato da salassare”.

Per la bestiale salita trovata verso Trient al col de Forclaz con pendenze 7–9% negli ultimi chilometri “dovrebbero farmi diventare membro onorario del Club Alpino”. Salita lunga e continua; tratti brevi ma duri fino al 9% e spinsero appiedati la bici lungo gli ultimi tornanti. Arrivarono a Martigny. “Quella sera c’erano non meno di nove americani appassionati della due ruote e all’indomani avrebbero viaggiato da soli per diverse destinazioni”.

Il terzo passo di Joseph- Il San Bernardo.

Quando Joseph fu in cima, i monaci gli dissero che nessuna donna era giunta in bicicletta fin lassù. Al ritorno mi raccontò che la strada sale gradatamente per cui si procede con una certa facilità…”era convinto che non valeva la pena raggiungere il passo in bicicletta e tanto meno soggiornare al convento, una noiosa residenza alpina adatta solo per i comuni turisti”.

Il mio quarto passo: il Sempione

La strada sale in modo graduale e solo verso la fine del pendio appaiono alture di cui a vale la pena parlare. “Il sole era rovente e la luce accecante …il caldo si faceva sempre più intenso e il sudore colava copioso dal viso, al tatto la bicicletta sembrava incandescente. Dovevo fermarmi ogni pochi minuti  per rinfrescarmi e un paio di volte ci siamo arrampicati oltre il recinto per sdraiarsi sotto un albero”.

“Da quel punto potevamo osservare la diligenza che scendeva immersa in un turbine di polvere seguita da un ciclista che pedalava a una velocità tale che lo avrebbe scaraventato nell’eternità, se non esistesse una speciale provvidenza  che protegge i ciclisti e gli ubriachi”.

Elisabeth era di malumore e scrive che “Joseph mi consolò dicendo che il ciclista prova quel genere d’inquietudine quando pedala ad alta quota e che quello era il segno del vero spirito sportivo”.

“Si può caricare sulla diligenza anche la propria bicicletta per valicare il passo”. Il trasporto delle bici per turismo viene quindi da lontano, antenato del moderno bike shuttle.

“Il giorno dopo affrontammo la gola di Gondo, tra l’impressionante salto delle cascate tonanti e il fiume fragoroso che rumoreggia nel fondo”.

“Ad Isella, c’era la dogana italiana, e il funzionario fu molto gentile con noi e non ci creò nessuna difficoltà…in Italia mi sembrava che il cielo fosse più limpido, il paesaggio più lussureggiante, la gente più gentile”. Pennell registra un vero e proprio “passaggio sensoriale” al valico: cielo più limpido, persone più accoglienti ravvivano l’umore.

Presto però Elisabeth e Joseph fanno i conti con la rottura e successiva riparazione di un cerchione.

Finalmente scrive Elisabeth ”…riuscii a raggiungere la straordinaria curva che scopre un magnifico panorama sulla val d’Ossola e via attraverso la valle combattendo contro un vento folle fino alle sponde del lago Maggiore a Baveno”.

“Eravamo sul punto più alto del passo 6595 piedi, per raggiungere fin lì avevo pedalato per oltre quindici miglia da Brieg, sette ore e mezzo senza una sosta”. Osservando La migrazione dei lavoratori italiani (in Svizzera) lei esce con l’espressione imparata dai monaci: les hirondelles d’Italie.

Il mio quinto passo: Lo Spluga

“Decisi di prendere il battello per Laveno dopo aver percorso la breve distanza tra Varese e Como”.

“Como conserva veramente quell’aspetto romantico tanto decantato dai nostri nonni sentimentali”.

“Sbarcati a Varenna abbiamo portato la bicicletta dal fabbro locale che aveva appesa fuori l’insegna del Touring Club”.

Da Varenna a Colico l’itinerario era splendido, splendidissimo (secondo la colorita descrizione di un ciclista italiano interpellato).

“Inizio la lunga ascesa verso lo Spluga. Avevo troppo bagaglio e mi sono messa a camminare…il pendio si faceva sempre più ripido. Era davvero crudele il modo in cui la strada faceva mostra della sua ripidezza.

“Mi venne in mente che un soldato francese una volta mi disse “camminare con uno zaino sulle spalle trasforma gli uomini in animali…indossando l’impermeabile e spingendo la bicicletta era camminare come le bestie.”

Al passo dello Slpuga alt.2113…”il funzionario svizzero pretendeva che fosse applicato un numero su ciascun veicolo…nessun controllo sui bagagli…di sicuro non è facile capire la dogana e in particolare quella svizzera”. tradizionalmente complicata e severa, ma senza controlli sui bagagli in questo caso.

A Campodolcino i tornanti e lo zigzagare del terribile parapetto di pietra…a peggiorare il tutto c’erano l’umidità e il costante livello di salita.

Il mio sesto passo: Il San Bernardino.

Sul piano dell’itinerario ciclistico, il San Bernardino rappresenta una delle salite più costanti e regolari delle Alpi svizzere, (2066 mt) meno brutale del passo precedente ma molto lunga, con discese tecniche che, allora come oggi, richiedono prudenza. Considerato il simbolo dell’ascesa alpina classica: più equilibrata, più “alpina” nella scenografia, ma ancora immersa nella visione ironica e combattiva che caratterizza tutto il racconto dei coniugi Pennel in bicicletta.

“E quando cominciai ad arrampicarmi sull’erto pendio roccioso, come sembravano allungarsi i chilometri dopo i primi zigzag che tagliavano la fitta foresta di pini! E come la strada sembrava avvolgersi su se stessa al di sopra degli alberi sull’altipiano roccioso!” Con i freni tirati e i piedi sui pedali, scendevo e sobbalzavo facendo curve, suonando continuamente il campanello perché in Svizzera il turista non vede più lontano del suo naso, cammina sempre in mezzo alla strada ed è completamente sordo”.  Permane l’ironica visione della Svizzera e una antipatia per il turista stanziale, curioso ma invasivo e in parte invadente.

Il mio settimo passo: Il san Gottardo

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Passo del San Gottardo 2106 m; pendenza media 7/8% con tornanti acciottolati. 13 km di salita dura, la discesa tecnica verso Andermatt.  Strada storica in pietra (oggi asfaltata ma ancora con tratti acciottolati), tornanti spettacolari.

“Nelle prime ore del mattino la valle era coperta da una densa nube di fumo e aveva un forte odore di polvere di carbone”. "Il fumo nero (del treno) rimaneva sospeso sulla valle, l’odore acre della polvere di carbone ne riempiva l’aria e dovunque apparivano i segni dei cambiamenti che la sua venuta aveva apportato alla zona”. In pieno Ottocento la costruzione della ferrovia del Gottardo stava cambiando il volto delle valli alpine. La Pennell vi trovò un paesaggio trasformato dall’arrivo del treno e della modernità: oggi si percepisce ancora il contrasto tra vecchio e nuovo.

“Ma su nessun altro passo ho provato la sensazione di essere salita in cima al mondo”.

Donne italiane simili ad un gregge entrarono e hanno chiesto del ponce e delle cartoline. Tutti volevano cartoline. Dopo che Rousseau aveva lanciato la moda, la gente ha pianto sulle bellezze eccelse della natura che non poteva ammirare a causa delle lacrime; ora si disinteressa dello spettacolo naturale e dà libero sfogo ai propri sentimenti acquistando le cartoline illustrate”.

Vista spettacolare sulla gola della Schöllenen; Ponte del Diavolo ben segnalato.

Perché mai il tedesco che viene tanto ammirato in patria, diventa una seccatura comune quando viaggia?” Ennesimo commento della coppia che nel loro sarcasmo misurano il turismo stereotipato e poco rispettoso.

“Mi trovavo sotto una serie di cime strette le une alle altre”.

“Se mi fossi fermata sarebbe andato tutto a monte…Joseph mi ha confidato più tardi che non gli era mai accaduto di trovarsi tante volte sul punto di cadere a terra esausto”.

“Discesi a ruota libera dopo Andermatt e fino alla gola dove si può osservare il Ponte del Diavolo”…

Il mio ottavo passo: Il FurKa

Era il più elevato. Altitudine massima del viaggio. 2430 metri. Nel racconto di Pennell diventa quasi un filo sospeso nel cielo: “Carrozze sulle serpentine, sembravano procedere su una cresta proprio sulla sommità della montagna dove il primo alito di vento avrebbe potuto farli precipitare nel vuoto”.

“Un giovane sorridente con in testa un cappello di paglia….. nella lingua comune delle Alpi mi dice: “dite avete visto mia sorella?”. Straordinario! A 7000 piedi ci siamo sentiti americani con un fremito di patriottismo”. Una scena vivissima, mentre il patriottismo improvviso con un tocco umano e ironico che stempera la fatica.

“…le condizioni della strada erano indicibili….il governo svizzero aveva predisposto che solo due operai ne facessero manutenzione armati di una scopa e una zappa". Quanto fosse ancora selvaggio e precario questo valico rispetto agli standard odierni.

Il mio nono passo: Il Grimsel

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Questa tappa segna la fase discendente del viaggio, quasi una “catarsi” fisica e narrativa: dopo i grandi passi d’alta quota, la strada scivola verso le vallate ampie e infine verso Meiringen, con un senso di sollievo e di ritorno alla vita ordinaria. ll Passo del Grimsel rappresenta nell’itinerario di  Pennell la grande discesa liberatoria dopo tante fatiche: una vertiginosa discesa di quaranta chilometri.
Il contrasto fra l’idillio alpino mucche, campanacci, cascate, gole e gallerie e l’adrenalina della velocità in bicicletta è reso in modo vivido e ironico. “Della discesa che posso dire? Quaranta chilometri a ruota libera”.

“Ho dovuto rallentare una volta quando abbiamo sorpassato una mandria di mucche con un toro nero che curiosava vicino al bordo della strada. Le dolci campanelle della mandria a zonzo risuonavano come musica per il poeta, ma su un passo alpino avrei preferito sentire qualunque altro suono”.

“…superando cascate, passando sotto rupi sospese e cornici di rocce, attraversando gallerie, penetrando per strette gole, giù e giù. E giù, e giù e giù fin dentro vallate ampie; scendendo, scendendo, finché provammo un vero sollievo ad alzare i piedi dai pedali e a faticare camminando sulla grande collina prima di Meiringen”.

Partendo dall’albergo “ghiacciaio del Rodano” la maggior parte della salita era già stata fatta”.

Il mio decimo passo: Brunico

“Lago di Brienz, si aprirono le cataratte del cielo lasciando cadere un vero diluvio”. “Riparati sotto un albero, ma era come stare sotto una cascata”. “Abbiamo proceduto come se stessimo guadando un torrente e ci siamo impantanati nel fango”. “Le nuvole nere e una fitta nebbia coprivano ogni cosa scoraggiando qualsiasi impresa”.

“Dubito che ci sia stata una sola donna, o diversi uomini ad aver attraversato il Grinsel e il Brunico in una giornata…ero venuta per attraversare le alpi in bicicletta e avevo pedalato tanto speditamente da essere giunta in un baleno all’ultimo passo del mio giro sulle aspre vette alpine”.

Il maestoso panorama tanto decantato era scomparso”. “Avevamo rivolto un ultimo sguardo alle Alpi ma esse, schive, erano completamente scomparse dietro una fitta cortina grigia. Non le abbiamo più riviste”.

Un commiato intenso: l’avventura si chiude non con un trionfo luminoso, ma con la realtà delle montagne che restano misteriose, indifferenti e inaccessibili fino all’ultimo. L’orgoglio del superamento del progetto iniziale, la consapevolezza di aver stabilito un record, la gioia delle scoperte e degli incontri non verranno cancellati dalle difficoltà finali, pioggia torrenziale, nebbia, fango e panorami cancellati. l’utimo passo è stato attraversato non più con entusiasmo ma con ostinazione, quasi un atto di fedeltà al progetto iniziale.

2025 Il Viaggio di Elisabeth Robins Pennell

Questa mappa, generata con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, vuole offrire una visione d’insieme dell’avventura dei coniugi Pennell e, al tempo stesso, lanciare l’invito o sfida a riscoprire la gioia del viaggio in bicicletta sulle stesse strade che allora apparivano quasi impossibili e che oggi sono patrimonio di tutti.

 

 

 

Fernando Da Re

Un cuore, due gambe e una bicicletta. In testa sempre la fresca vivacità di raccontare. Il risultato lo ritroviamo in questo sito da lui creato e portato avanti con l’entusiasmo e l’impeto dell’atleta che cerca risultati.


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