Cicloturismo in Estonia, un Viaggio lento, sulle Orme del Padre
Il mio primo vero viaggio in bicicletta nasce da un racconto. Quello di mio padre, che sulle due ruote aveva scoperto la bellezza del muoversi lentamente, assaporando i paesaggi. Era un invito alla lentezza, a uno sguardo diverso sul mondo. Così ho deciso di ripetere uno dei suoi itinerari in Estonia. In un mondo che va sempre più veloce, volevo capire se due ruote avessero potuto restituirmi un ritmo più naturale, più umano.
Atterriamo a Tallinn e subito ci mettiamo alla ricerca di due biciclette usate. Online avevamo trovato un posto chiamato Vokitööd, in una zona periferica della città. Ci arriviamo una mattina presto e aspettiamo per mezz’ora, finché spunta in bicicletta un ragazzo con i rasta, trafelato: ci apre il cancello. Dentro, le biciclette dormono tutte insieme, appoggiate l’una all’altra, in attesa di un nuovo proprietario.
Ci sono secchi pieni di sellini usati, telai smontati, pezzi di metallo che brillano come ossa in attesa di tornare corpo vivo. Scegliere la bici diventa un rito: non è una compravendita, ma un atto artigianale. I ragazzi cercano il mezzo giusto per ciascuno di noi, assemblando le bici con mani veloci e appassionate. Una bici su misura, come un vestito pensato per accompagnarti nel viaggio. Quando torniamo il giorno dopo: le nostre bici sono pronte. Qualche chiacchiera ancora, e ci salutiamo con la promessa di rivederci a Barcellona.
Prima di partire ci fermiamo un giorno in più a Tallinn, città che incarna l’equilibrio estone tra tradizione e futuro. Il centro storico medievale, perfettamente conservato, contrasta con i nuovi quartieri che si affacciano sul mare, dove la modernità ha il sapore di una rigenerazione urbana che ricorda Copenaghen. Al nuovo mercato coperto Balti Jaama Turg ci infiliamo per caso nella zona di carico e scarico, e lì recuperiamo due cassette di plastica per la frutta destinate alla distruzione. Con qualche fascetta le fissiamo ai portapacchi delle nostre bici per poter trasportare gli zaini. Ora sì, siamo pronti a partire.
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Sulla Eurovelo 10: vento contrario e paesaggi estoni
La prima tappa è verso Laulasmaa, lungo la Eurovelo 10. Cinquanta chilometri con il vento sempre contro. All’ultima biforcazione prima dell’alloggio, zoomando sulla mappa mi attira un edificio organico con corti pentagonali: nel mezzo del bosco estone, un centro contemporaneo, Arvo Pärt Centre, da rivista progettato da Nieto Sobejano! È circondato da alberi, sostenuto da pilastri di diversi diametri. Sono così sottili che si confondono con i tronchi circostanti: l’architettura diventa invisibile. Arriviamo stanchi e felici al Samblatalu Homestay, una piccola casa immersa nel verde. Scendiamo a piedi verso il mare, attraversando un bosco fitto di muschio chiarissimo: sembra di camminare su una tavolozza di verdi infiniti.
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La tappa successiva ci porta a Rummu, dove una prigione costruita in epoca sovietica è stata allagata dopo la chiusura, creando un lago artificiale. Oggi è un luogo insolito: d’estate si nuota tra le rovine, d’inverno si pattina sul ghiaccio. Restiamo un po’ lì, affascinati dal paesaggio surreale. Incontriamo un ragazzo spagnolo che ci racconta delle feste d’impresa che si organizzano ad agosto: mentre noi pensiamo alle vacanze, loro già lavorano, ma celebrano la fine della bella stagione con grandi raduni. Arriviamo a Padise, dove ci accoglie il Kallaste Talu, una piccola fattoria piena di conigli. Dormiamo in una piccola roulotte rotonda, un rifugio semplice che ci avvicina al ritmo della campagna.
La tappa successiva è lunga, ancora con il vento contrario, fino a Nova. Qui ci fermiamo al Nova Madise Guesthouse, casette rosse nel bosco, circondate da mirtilli selvatici custoditi da ragni. Pedalare in quei boschi dà la sensazione stranamente familiare, pur in un territorio sconosciuto. Il paese ha un vecchio cinema, ma ci dicono che proietteranno un film solo a fine agosto. Non resta che lasciarsi abbracciare dal silenzio del bosco.
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Architettura invisibile e boschi di muschio
Il giorno dopo ci dirigiamo verso Haapsalu. Nel tragitto di 50 km ci fermiamo nell’unico ristorante lungo la strada. Intorno a un laghetto, un gruppo di amici sui settant’anni ride e scherza sotto un grande albero. Una scena quotidiana che porta leggerezza e felicità anche al mio corpo stanco. Dopo un’ottima pasta all’anatra, riprendiamo le bici e arriviamo a Haapsalu. La città è famosa fin dal XIX secolo come località termale, dove il fine settimana si passa interamente in accappatoio.
Isole baltiche: Hiiumaa, Saaremaa, Muhu
Dopo due giorni a osservare questi fantasmi bianchi entrare e uscire dalle spa, un traghetto ci porta a Hiiumaa, la seconda isola più grande dell’Estonia. L’aria profuma di resina, i boschi sono fitti. Accanto a una chiesa medievale vediamo una casa sopraelevata: è l’opera di un architetto spagnolo che ha scelto di vivere qui dopo un Erasmus. Sta costruendo sopra le rovine protette della taverna della chiesa, senza toccarle, e nel giardino ha collocato l’antico campanile. Una storia che intreccia memoria e invenzione, come spesso accade in Estonia.
Nella vicina palude di Kassari, nel sud dell’isola, camminiamo su passerelle di legno che portano a torri panoramiche: aironi, erba stagnante, riflessi d’acqua. È un paesaggio che in altri paesi sarebbe iperprotetto, qui invece è parte della vita quotidiana. Dormiamo al Dagen Haus Guesthouse, immersi nella quiete.
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Da lì un altro traghetto ci porta a Saaremaa, l’isola più grande. Assistiamo al sole che tramonta dietro i famosi mulini di Leisi e qui ci fermiamo a dormire nella casa di una signora che parla solo estone e russo, ma si fa capire con timidi sorrisi. Il giorno dopo arriviamo a Kuressaare, la capitale, che custodisce un castello del XIV secolo, uno dei meglio conservati nei paesi baltici. Visto che abbiamo imparato l'usanza locale, restiamo due notti al Grand Rose Spa Hotel, vivendo come gli estoni: in accappatoio, tra bar e sauna.
Dopo il meritato riposo, attraversiamo il mare fino a Muhu, un’isola quasi interamente ricoperta di muschio. Dormiamo al Luscher and Matiesen Muhu Winehouse, dove incontriamo un uomo convinto che il cambiamento climatico trasformerà l’Estonia in una terra di vini. Ha importato vigne dalla Germania, e lotta contro i funghi e l’umidità, mentre sogna resort e turisti.
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Incontri lungo la strada: artisti, contadini e ciclisti
Da questo punto, ci raggiunge il maltempo e iniziamo a spostarci con LuxExpress, i bus che collegano i paesi baltici e permettono di trasportare le bici su prenotazione. In questo modo ibrido, visitiamo Riga e raggiungiamo Vilnius, dove passiamo le ultime tre notti nel quartiere bohémien di Uzupis, una comunità di artisti che nel 1997 si è autoproclamata repubblica indipendente.
Nel bar Spunka un artista mi fa un ritratto improvvisato: scopriamo che è un nome noto in città, e rimaniamo a lungo assaporando le IPA artigianali e la spontaneità del nostro nuovo amico. Fuori, un ragazzo parcheggia una bicicletta gravel ed entra salutando con un cenno il nostro compagno di tavolo. Gli chiedo come vendere una bici a Vilnius e mi aiuta a creare un profilo su skelbiu.lt per pubblicare un annuncio. Il giorno dopo ci svegliamo con un messaggio di un ragazzo uzbeko interessato: in un’ora le abbiamo già vendute.
È così che le nostre biciclette trovano una nuova vita, mentre per noi quel gesto segna simbolicamente la fine del viaggio, con la leggerezza di chi lascia andare qualcosa per iniziare qualcos’altro.
Estonia in bicicletta: elogio della lentezza
Non sono più i paesi baltici dei racconti di mio padre: con l’ingresso nell’Unione Europea, i prezzi si sono avvicinati a quelli italiani e le città si sono riempite di caffè di specialità. Ma grazie alla bicicletta ho capito davvero quello che lui mi raccontava: la bellezza del viaggiare lentamente, l’arte di fermarsi, di ascoltare, di vivere ogni verde del mondo. Testi e foto di Gaia Pellegrini
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