Via dei Biozzi, in bici sulle vie della transumanza - III^ parte

Ultima parte del percorso, da Serre di Rapolano ad Alberese 110 km

Giornata veramente splendida dal punto di vista del meteo. Lasciamo Serre di Rapolano e andiamo a riprendere il “cammino dei Biozzi” per attraversare i meravigliosi paesaggi delle Crete.

Nei pressi dei Bagni di Montalceto all’interno di una casa colonica, ben conservato e funzionante, gira un mulino del XVIII secolo; un luogo unico, bellissimo.

“Macine di pietra, infrastrutture in legno, stalla degli asini addetti a far girare le macine tutto ancora in perfetto stato, racconta il proprietario, e durante la seconda guerra mondiale, per mancanza di corrente elettrica i mulini azionati da motori non potevano funzionare. E allora la gente si rivolse ai miei nonni, i quali non si fecero pregare: recuperarono alcuni asinelli e rimisero in funzione l’antico mulino. Che per diversi mesi tornò a funzionare come anticamente”

transumanza percorso cilabile

Si prosegue lungo un crinale nel bel mezzo delle Crete. Lo spettacolo è godibile da qualsiasi parte si volga lo sguardo. In questo periodo dell’anno prevalgono gli ocra e i grigi, ma Doriano e Andrea ci spiegano che a seconda del periodo qui si possono trovare mari di verde a primavera, di giallo in estate, quando il grano è maturo.

E se per caso tira un po’ di vento e le onde muovono i mari e lo spettacolo diventa difficile da descrivere. Solo da godere. Ritornati su asfalto siamo ormai non distanti da S. Giovanni d’Asso, per sosta caffè. Doriano invece scompare per un po’ e lo vediamo tornare con in mano due capienti buste della spesa piene di pane, prosciutto, formaggi, olive e altre bontà locali.

Sarà il nostro pranzo, ma ci si potrà mettere le mani solo dopo essere giunti a S. Antimo. Da S. Giovanni d’Asso ancora breve tratto sulla provinciale fino a Torrenieri.

Crete senesi09

Qui incrociamo la Via Francigena che procede verso sud, noi invece andiamo verso ovest. Poco oltre Torrenieri, anziché salire a Montalcino “tiriamo dritto” e ci infiliamo dentro la splendida e selvaggia Val d’Orcia. Ora ci attende un tratto veramente notevole, sotto ogni punto di vista.

Dapprima una strada bianca con saliscendi tra i campi, Poi uno stradello che ci aiuta a superare impreviste difficoltà elettriche: si tratta di rete con corrente collocata per tenere lontani cinghiali e daini. Abbiamo con noi un elettricista e dopo qualche scossa si riprende il sentiero. Ci aspetta un breve tratto nella boscaglia fino a un torrente con poca acqua. Lo si guada. Al di là, un po’ tra gli alberi, si sbuca in fondo ad un campo, che dovremo risalire.

Ora la stradina diventa una specie di tratturo che scende fino all’Orcia: va affrontato con attenzione e con un po’ di “tecnica” specie per il dissesto provocato dalle acque di scolo.

via dei biozzi 2

E poi il guado: ancora una volta ci si diverte a sfidarsi su chi riesce a passare in sella senza fermarsi. Se ne vedono delle belle. C’è chi si intestardisce e torna indietro più volte, finché, cadendo rovinosamente nell’acqua, fa un bel bagno fuori tempo. Oltre il guado ricompare la strada bianca in ripida, a tratti, ripidissima salita.

Ora c’è da faticare davvero; attraversiamo una zona di vigneti ed uliveti molto bella, ma non c’è tempo per ammirare il panorama. Tutti a testa bassa, sui pedali. Tirando al massimo. Sono pochi chilometri, ma ce li ricorderemo. Arriviamo dalle parti di S. Antimo. L’abbazia ci appare improvvisamente sulla destra, leggermente più in basso rispetto alla nostra posizione. Bellissima: solitaria ed austera in mezzo agli ulivi.

“Secondo la leggenda venne fondata da Carlo Magno, nel 781 quando di ritorno da Roma, si fermò nella zona perché i suoi soldati erano affetti da una pestilenza. Quella notte, mentre Carlo Magno dormiva nella sua tenda, in sogno gli apparve un angelo, dicendogli di far bere ai soldati un infuso preparato con erbe del luogo. La cura funzionò e Carlo Magno decise allora di costruire la chiesa, in segno di ringraziamento”.

via dei biozzi

Prima di arrivare all’abbazia attraversiamo il piccolo centro di Castelnuovo dell’Abate e poi eccoci già “piaggiati” nei prati attorno all’abbazia, con i turisti e i visitatori che ci guardano un po’ sorpresi. Forse il luogo richiederebbe maggior “decoro”, ma per stavolta facciamo un’eccezione.

Del resto, sono le due del pomeriggio: è ora di dar fondo alle provviste! E in effetti nessuno si tira indietro: si mangia e si beve in allegria; spunta fuori anche della birra. Siamo un po’ stanchi, ma felici: fin qui è stata una pedalata entusiasmante. Visitiamo la chiesa; l’atmosfera è davvero mistica e solenne.

Ci riporta indietro nel tempo, al Medioevo e all'austero mondo monastico. Anche perché ci sono dei monaci che stanno intonando dei canti gregoriani. Nel silenzio, quando improvvisamente partono le prime note, si viene colti quasi da un soprassalto. Poi pelle d’oca. Un'esperienza indimenticabile. (pagina FB coro gregoriano)

san antimo

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Riprendiamo il ritmo, c’è ancora strada da fare. Ci attende un lungo tratto di strada bianca in falsopiano (con strappi in salita) che ci porta all’asfalto. Ora alcuni chilometri “veloci” su asfalto, fino alla stazione ferroviaria Sant’Angelo – Cinigiano, poi la “strada regia” (detta anche “antica strada doganale di Cinigiano”) lungo la Val d’Orcia

. Non la lasceremo più, fino a Cinigiano. Sono circa 7 km, niente di che sulla carta, ma vuoi che siano gli ultimi della giornata, vuoi che siano in salita, sembrano non terminare mai. Arriviamo molto soddisfatti ma anche stanchi. La sana stanchezza che provano tutti al fine di una giornata in bicicletta

. Alloggiamo in un grazioso agriturismo poco fuori il paese, dotato di piscina. Doriano e Andrea devono venire letteralmente a tirarci fuori dall’acqua. Cena in un piccolo ristorante tipico al centro del paese, dove incontriamo gli amici della Pro Loco di Cinigiano, e in particolare il suo presidente – Massimo – che ci racconta vita morte e miracoli del paese e ci allieta con alcuni aneddoti davvero simpatici.

Come “il maiale battezzato a baccalà”: davvero divertente e curioso. Poi la sera si prolunga con “prove” di canzoni a tema (dedicate alla transumanza, ovviamente). Doriano e Lorenza ci raccontano di antichi canti risalenti addirittura al Cinquecento e tramandati oralmente. Uno di questi, originario dell’area del Casentino, sarà la nostra “colonna sonora” per la giornata di domani, e in particolare per il pranzo finale. Dunque, prove su prove per essere pronti (si fa per dire) per affrontare il folto pubblico di domani.

val dorcia alba 1

All’indomani la partenza ci rattrista pensando che saremo in sella per l’ultima giornata di viaggio. Un ultimo passaggio per Cinigiano: “per secoli uno dei principali punti di ingresso e di uscita delle greggi in Maremma, e oggi paese che propone significativi motivi di interesse enogastronomico e folcloristico; tra le principali manifestazioni va ricordata la Festa dell’Uva, evento che unisce il fascino delle contrade senesi con l’allegria dei carri viareggini”.

Poi imbocchiamo la SP “Voltina”, in direzione di Grosseto. Attraversiamo la zona delle Melacce fino Granaione e attorno a noi il paesaggio diventa Maremma. Proseguiamo ormai in pianura verso Istia d’Ombrone, ma un chilometro prima, prendiamo a sinistra la provinciale “Santae Mariae”. Superiamo la fattoria “Grancia” (altra antica fattoria fortificata, oggi adibita ad archivio della Regione Toscana) e giungiamo al podere Spadino.

Sembra inevitabile dover imboccare l’Aurelia, ma sfruttando un cavalcavia prendiamo una stradina parallela - Via dei Pratini Bassi - che ci dà accesso a delle piacevoli sterrate interpoderali. Si pedala tra campi e sterpaglie, e in breve ci ritroviamo sull’argine dell’Ombrone. Guadagniamo la strada di servizio, sull’argine. Pedaliamo “godendoci” la Maremma: dalle alture dell’Uccellina, alle colline di Scansano, alla piana dell’Alberese.

Sbuchiamo su strada a fondo naturale e infine su asfalto: è la strada della “vecchia dogana” che porta ad Alberese. Tutto attorno spazi, fino a pochi decenni fa, adibiti a pascolo dove si trovavano i villaggi pastorali. In pratica siamo a destinazione!

Alberese è da considerarsi, in effetti, il punto di arrivo dell’itinerario. Ma le greggi dei Biozzi, in realtà, arrivavano un po’ più a sud, al podere “la Valentina” (oggi è un agriturismo). Però la strada bianca che da Alberese va verso il podere è privata (e chiusa), dunque per raggiungere tale località è necessario percorrere un tratto dell’Aurelia. Approfondisci cliclabile Alberese.

Val d Orcia e Montalcino Foto Giuseppe Sanfilippo

Doriano e Andrea ci illustrano le peculiarità del posto:

“Il borgo si sviluppa solo nei primi decenni del Novecento presso il grande edificio che da castello si trasforma, nel tempo, in fortezza contro le incursioni dei turchi e poi in fattoria. Ma questa pianura - attraversata dalle vie Aurelia ed Aemilia Scauri - era popolata già in età romana. Nel Medioevo, poi, la tenuta fu contesa fra Grosseto, Siena e l'Ordine Ospitaliero Gerosolimitano (Cavalieri di Malta).

Alla fine è quest’ultimo, seppure con un’interruzione nel XVII secolo quando subentrano i Medici, ad assicurarsene la proprietà. Poi, dopo la soppressione dell’ordine (1808), diventa patrimonio privato dei Lorena, con la vicina tenuta “della Badiola”. E tale resta fino alla prima guerra mondiale, quando il governo italiano espropria l'Alberese come “bene di sudditi nemici” e qualche anno dopo - nel 1923 - lo assegna all'Opera Nazionale Combattenti. Ma è solo con la bonifica - negli anni Cinquanta – che si registra un incremento demografico”.

Proprio ad Alberese ha sede, oggi, il Parco Naturale della Maremma, una realtà che - sebbene non priva di un suo patrimonio storico, artistico e culturale - ha però nella conservazione e nella valorizzazione di alcuni peculiari ambienti naturali il motivo di maggior interesse. Colline che scendono al mare, spiagge, scogliere, paludi, pascoli, profumi di erbe aromatiche e richiami di animali: il parco appare così al visitatore, dolce e aspro al tempo stesso.

parco uccellina alberese

Al suo interno, i siti di interesse regionale "Pianure di Maremma" (praterie e pascoli, intervallati dalla macchia mediterranea), e le "Dune dell'Uccellina". Più a sud i Monti dell’Uccellina, e ad est, tra distese erbose, la Fattoria di Spergolaia, la sede dei butteri. Le Dune dell'Uccellina sono un ambiente di particolare importanza per la salvaguardia di specie vegetali e animali, poiché costituiscono un raro tratto di costa sabbiosa con scarsa presenza umana.

Il sito è, tra l’altro, un’importante area di svernamento per uccelli acquatici ed anche di sosta durante le migrazioni. Tra gli uccelli sono presenti: il tarabuso, il falco di palude, il lanario, la moretta tabaccata, la volpoca l'occhione, la ghiandaia marina. Ma anche nella macchia la fauna è piuttosto ricca; vi troviamo cinghiali, caprioli, istrici, tassi, volpi, rettili di varie specie e molti tipi di uccelli.

Nel Parco vi sono poi diversi siti archeologici, alcuni etruschi-romani, altri risalenti al Medioevo (Abbazia di San Rabano). E’ quasi l’una; i mezzi e le nostre “autiste” ci hanno raggiunto. Ci dirigiamo senza ulteriori esitazioni verso un vicino ristorante, dove ad attenderci ci sono oltre 70 persone: in parte venute da Badia Tedalda in pullman in parte del posto.

Tutti per festeggiare con un ricco pranzo a base di pesce, la conclusione di questa quinta edizione della “transumanza in bici” sulla Via de Biozzi. Tra chiacchiere, racconti, canti e musica, passano le ore, ma Doriano e Andrea suonano la “ritirata”: tutti ai mezzi. Caricate bici e bagagli, si torna a casa. Un po’ stanchi ma veramente felici e rilassati. Questa parte di Toscana, solitamente fuori dalle rotte principali è davvero splendida! (Andrea Meschini e Lorenza Gattini)

via della transumanza

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