Ciclabile del fiume Mosella, pianeggiante, scorrevole, scenografica. What’s else?

Della grande fama che gode il fiume Mosella non è compito parlare in questo resoconto (vigneti, villaggi, città, castelli, conventi, Storia ) ma, raccontare l’inestimabile scenografia che in bicicletta si incontra, è piacere mio che ho scelto questo itinerario, l'ho percorso, ammirato e stimato. Un tranquillo e rilassante invito per cicloturisti e cicloviaggiatori.

 

 

Da Metz a Saarburg 80 km

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L’itinerario classico, segnalato e descritto dalle mappe di ogni tipo inizia a Metz. Fabrizio ed io raggiungemmo Metz provenienti da Saarbrucken (stazione scelta per arrivo con treno+bici da Verona via Monaco, Mannheim). Fu necessaria una giornata intera per conquistare Saarbrucken via ferrovia. A Metz arrivammo nel pomeriggio del giorno seguente, rigorosamente in bicicletta, per scaldare i muscoli e soprattutto per sentire battere il cuore per la nuova esperienza che stava per iniziare. A Metz, nel primo pomeriggio, optammo per trovare alloggio nel villaggio di Wooipy, prima periferia della città, poco lontano dal tracciato della ciclabile in un’area silenziosa servita da autobus. Con il mezzo pubblico raggiungemmo la città, verso sera, e a piedi passeggiammo per rilassarci in questa luminosa storica cittadina. La porte des Allemands, la cattedrale, la fresca piazza ricca di fontane e la Esplanade sono le belle immagini, oltre alle eleganti vie del centro, che ci restano.

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L’itinerario qui descritto racconta il percorso classico da Metz fino a Koblenz con  una deviazione per raggiungere e visitare la cittadina di Saarburg. Attrezzato di mappa  bikeline della Esterbauer non sarebbe necessario gps, ma ormai questo strumento è diventato un oggetto utile oltre che di compagnia. Raggiungere quindi il fiume dall’ hotel è un giochetto da ragazzi. Subito un sentiero conduce verso la ciclabile in direzione Thionville sulla pista denominata Velo Route Charles Le Temeraire. Villes e Villages Fleuris informa il cartello lungo la riva. All’acqua lenta, non chiara, il sole splendente e il cielo terso restituivano riflessi azzurri. Gli alberi di grande fusto allineati sul lato sinistro concedevano ombra al viandante e consentivano la visione su barche, chiatte da trasporto e a piccole baie dove sostano imbarcazioni.

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La vita scorre sull’acqua, così come sulla via quasi come un biliardo, che ospita gruppi di escursionisti in bicicletta. I circa 30 chilometri fino a Thionville scorrono lenti e leggeri. L’inizio di un’esperienza ha sempre del suggestivo, dell’emozionante. Trovi occasioni e situazioni per elogiare il paese ospitante per le strutture che mette a disposizione, fai confronti con quelli di casa tua. E per un eccesso di esterofilia giudichi tutto sempre più organizzato, più ordinato, meglio progettato. Il cuore vede più degli occhi. E lungo lo scorrere di aree adibite a depositi di materiali differenti, di imbarcazioni di trasporto, di incontri con oche e cigni, di distese di campi di mais e di colza già matura, superiamo Thionville e ci fermiamo per qualche foto presso la centrale nucleare di Cattenom.

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 Le nuvole che vedevamo accumulate davanti a noi da diversi chilometri non erano altro che i vapori addensati, sopra il cielo della centrale. Mi chiedevo cosa facessero i numerosi camper e roulotte in sosta in una area attrezzata poco distante dalla centrale. Il contrasto tra la ricerca dell’aria pura del turista e l’aria emessa in atmosfera sopra il turista, mi disturbava. Mi salvò dal pensiero ribelle, la realtà: era solo un gioco di distanze, una illusione ottica e fotografica. L’impianto che produce l’8% del fabbisogno elettrico in Francia è oggetto di dissenso tra la popolazione tedesca e lussemburghese, essendo costruito nei pressi dei confini, che contestano l’insufficiente standard di sicurezza.

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Con poche pedalate raggiungiamo Apach, interrompendo la pedalata nei pressi della stazione per sosta pranzo. Il tempo sembra essersi fermato in questo paese dopo la visita della linea ferroviaria. L’erba ha colonizzato marciapiedi e i binari sono lunghe braccia che non stringono più nessuno. Le finestre chiuse raccolgono la polvere del tempo. Anche il paese sembra vuoto e così  nessuno può dare spiegazioni alle mie curiose domande. Sui muri scrostati e logori, spicca un’insegna con il nome della stazione, mentre la scritta sortie punta verso l’alto indicando una illusoria direzione. I colombi tubano sul tetto e nidificano all’interno di una stanza. Un leggio sulla piazzola antistante, dove l’erba rinsecchita una volta modellava un’aiola, informa che in questo villaggio sono in stato di conservazione e di restauro alcuni vieux batiments.  Lungo le righe apprendo che altre costruzioni sono ancora nello stesso stato di abbandono della stazione, ma che presto potrebbero essere risanate. Suona forte la campana a mezzogiorno e scorgo nascosta poco distante una chiesetta. Chiusa. La descrizione su di una tavola usurata mette a conoscenza che qui la messa si recitava in tedesco, che le quattro campane a suo tempo sono state fuse proprio nel paese dove esisteva una fonderia, che la chiesa era dedicata a san Leonardo e in seguito a San donato. Distrutta durante la seconda guerra è rimasta con due campane. La prima di 150 kg è stata sequestrata nel 1917 e la seconda è stata trasferita ai domenicani di Rettel nel 1924. Le campane che stavano suonando con veemenza sono state consacrate il 6 giugno 1948 e sono suonate da congegno elettronico. In paese, curioso, oggetto di restauro è pure una cappella dedicata a San Antonio di Padova.

 

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 Il confine con il Lussemburgo è vicino, lo attraversiamo  a Schengen e mi resta il rammarico di non aver  visitato questo villaggio che lega il suo nome ad un importante trattato d’Europa. Avevamo un po’ di fretta per raggiungere Nennig dove c’era da vedere la Roman Villa. Una vera sorpresa i resti di questa villa romana dove è in mostra, debitamente protetto, un pavimento in mosaico di 160 mq ben conservato e ben restaurato. Nei tre milioni di tasselli si individuano scene colorate di grande suggestione. Costruita intorno al terzo secolo viene così citata: “la Mosella splende come a festa abbracciata da destra e sinistra da palazzi". Scritto da Graziano Decimo Magno al tutore Ausonio. 

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Decidemmo di pernottare fuori dalla rotta della Mosella, nel villaggio di Saarburg, vuoi per il costo più conveniente, vuoi per osservare da vicino la popolarità delle cascate di questo borgo. Attraversiamo le dolci colline che dalla Valle della Mosella conducono alla valle della Saar. Sono 20 chilometri, prima di leggera salita all’ombra di boschi senza traffico, poi con deliziosa discesa finale. Ci aspetta una visione speciale. Il canyon che l’acqua ha scavato ed entro il quale scorrono tortuose cascatelle, un tempo facevano muovere ruote e pale per attività diverse. Ora attorno a questo fenomeno naturale, i turisti si soffermano ad ammirare le acque che fuggono, schiumando, rodendo ancora la roccia e creando un vero museo all’aria aperta. Il visitatore dopo lo stupore, interrompe la sua visita soffermandosi lungo le rive attrezzate per accoglierlo in armonia con l’ambiente, con tanti fiori, ombrelloni ed eleganti tavoli sullo scenario della forra sottostante. Nei molti grandi bicchieri tra le mani dei turisti, prende luce il nettare bianco spumante, mentre  il rosso rubino forte si attarda sui bordi del vetro.

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Prodotti in un territorio difficile e scosceso, sul quale crescono vitigni bassi, fitti e severi, il vino è un dono speciale per questo territorio.  Il sole della sera illumina il borgo più in alto con il castello, sui vigneti scendono raggi di luce dorata… e linee e geometrie perfette disegnano le colline. Il castello, la chiesa e il borgo tutto di pietra scura ben squadrata, raggiunti da momentanea luce improvvisa, riflettono la testimonianza di antichi splendori e la nobiltà ricchi signori.

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Saarburg – Traben-Trarbach 90 km

Seguire il fiume Saar in direzione Treviri è avere come compagno di viaggio ancora la Mosella. Non cambia la cura alla ciclabile, lo scenario paesaggistico lungo rive, il traffico di battelli sull’acqua, sport acquatici, vivaci incontri con animali di riva. Non c’è orizzonte, nascosto com’è da dolci colline boschive che lasciano ad intervalli spazi per vigneti e paesi. Ci attardiamo per raccogliere qualche frutto da orti senza recinti, e speditamente raggiungiamo Treviri.

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Inaspettatamente la città si rivela un contenitore traboccante di gente. La locale festa del vino ha convogliato nel centro storico migliaia di persone, affaccendate a bere già di buon mattino, e centinaia di bancarelle parte in causa a vendere questo prezioso nettare a turisti e locali. Una situazione deludente, non in sintonia con la tranquillità che fino a quel momento incontrammo viaggiando, e che ci costringe a raggiungere e vedere di sfuggita i monumenti importanti che questa città offre. Non era possibile eseguire fotografie dal tanto afflusso che oscurava ogni lato dei palazzi della piazza. Sopra l’esigua porzione di monumenti che era possibile vedere, lievitava il profumo di vino e birra miscelato con il dolce e appiccicoso odore dei wurstel arrosto, delle patatine fritte e delle salse che sbordavano dai grassi panini.  

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Osservando ora le immagini che propone il web di quella città, mi accorgo di aver perduto un’occasione proficua per questo viaggio. Mi rimane una foto del crocifisso all’interno del Duomo, simbolo solitario sotto la volta del coro finemente lavorata a stucco, ricca di figure sacre e molti particolari floreali: misteriosa tranquillità, silenziosa serenità in una mattinata di confusione. (Quello che abbiamo perso: la città è famosa per i numerosi edifici di epoca romana ancora ben conservati. Treviri era una delle quattro capitali della Tetrarchia, con Milano, Sirmio e Nicomedia, a oggi quella meglio conosciuta archeologicamente. La sua stagione architettonica si concentrò durante la prima e la seconda tetrarchia, proseguita poi da Costantino e Valentiniano I fino al 395. Qui, nei numerosi monumenti superstiti alla seconda guerra , si può percepire la magnificenza dell'epoca e l'adozione di quei principi spaziali tipici del periodo tardo antico. Dal 1986 gran parte dei monumenti di origine romana e medievale della città (e delle vicinanze) fanno parte del complesso dei Beni Patrimonio dell'Umanità dell’UNESCO).

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Ritroviamo la ciclabile della Mosella che seguiamo per lungo tratto e conferma la sua vocazione alla scenografia di paesi, di cittadine e di vita che scorre lungo i suoi fianchi. Le rive ospitano numerose aree adibite a sosta per camper o roulotte. Il flusso continuo del traffico in bicicletta invita ad una certa prudenza. Vietato distrarsi. Eccedere nella velocità sarebbe pericoloso. Decidiamo di abbandonare per alcuni chilometri la via segnata per introdursi un po’ all’interno della campagna, scoprire altri scenari attraversando il centro di paesini, approfittando di backerei per rifocillarsi e fare scorta di acqua nei supermercati. Ci inoltriamo su sterrati tra campi d’oro in piena maturazione, incontriamo pellegrini in cammino verso mete religiose che non conosciamo, ci bagnamo in piccoli corsi d’acqua, pranziamo sotto un frondoso noce attrezzato con panche e tavolo e abbiamo anche il tempo per litigare con un agricoltore che non rallenta la sua corsa in trattore costringendoci, volontariamente, a uscire di strada. Il tutto condito da un caldo eccessivo che percuoteva la testa e bruciava braccia e gambe. Superammo alcune dolci pendenze fino a Urzig, e dalla terrazza di un bar dimenticammo caldo e fatica ristorati da un boccale refrigerante di birra. In quel punto la Mosella offriva un regalo magico: il corso del fiume faceva una lunga S da Bernkastel-Kues a destra fino a Krov sulla sinistra.

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Quello che mostrava aveva dell’incredibile. Le pareti di sinistra erano ripide e frantumate e su quelle pareti fruttificavano a perdita d’occhio vigneti bassi perfettamente allineati come battaglioni di un esercito schierato per la battaglia. Sulla riva opposta, vigneti più dolci avevano rubato il posto alla vegetazione boschiva e si fermavano verso la cima delle colline al limite del bosco. Imbarcazioni turistiche e da trasporto procedevano lentamente. Un campanile suonava le sei, altri fecero eco. Un invito a muoverci verso la destinazione fissata per la sera a Traben-Trarbach. Ancora vigneti che sembravano caderci addosso, la ciclabile procedeva su corsia preferenziale lungo la sede stradale, il fiume si contorceva stretto tra le pareti scoscese, cambiava direzione, ma restava calmo, lento, si lasciava scoprire da chi sapeva osservare le sue acque e le sue rive. Per un disguido di prenotazione arrivammo tardi all’hotel quella sera, lontani dal centro, senza più lo spirito della scoperta. In camera modesta (pagata a caro prezzo) consumiamo alcune scorte di merendine e frutta secca, riflettendo che all’indomani ci saremmo avviati senza colazione. Appoggiato il capo sul cuscino meditavo che “chiudere gli occhi è sempre viaggiare. Vedi più cose di quelle che potresti raccontare e descrivere”.

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Traben-Trarbach – Koblenz  100 km

Premetto che viaggiavamo con e-bike e che la fatica minore veniva compensata con maggiori chilometri percorsi. Senza nulla togliere alla gioia di scoprire, di vedere, di sostare per fotografare potevamo mettere insieme un percorso giornaliero di circa 80/100 chilometri. Era quello che ci eravamo programmati anche in questa giornata. Raggiungere Koblenz erano necessari 100 chilometri. Eravamo in anticipo di un giorno, decidemmo che a Coblenza avremmo potuto fermarci per riposare. Il tragitto sulla mappa presentava la parte più pittoresca di questo tratto di Mosella. Il fiume creava anse continue e una serie di cambiamenti di direzione.

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Seguendo la sua riva sinistra che presentava una ciclabile protetta lungo la carrozzabile era facile osservare i villaggi che erano cresciuti sulla sponda opposta, laddove il dolce declivio aveva favorito attività di urbanizzazione. Il fianco alla nostra sinistra era ancora molto scosceso, pietroso e malagevole. Ma la tenacia dell’uomo era riuscito a dominare cadute di pietre e difficili situazioni di frane. Su questa pietraia di ardesia nera e grigia, si è evoluta la coltivazione della vite che ha colonizzato tratti di terreno che sembrano inaccessibili e sui quali si muovono uomini per costruire con la loro tenacia un prodotto apprezzato e titolato.

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Sulle sommità, tra i filari,  sono presenti grandi cartelli con il nome della famiglia produttrice dei vini e in altre posizioni grande dimore, antichi castelli (o quanto rimane di essi). Tutto è ben segnalato, tutto si potrebbe visitare se solo in questi luoghi fissassimo la dimora per alcuni giorni, e il battello e la bicicletta fossero costantemente i nostri mezzi di locomozione. Innalzandoci si potrebbero ammirare scenari di grande attrazione in una natura che, pur se abitata e lavorata, sembra godere del suo primitivo attributo, senza manipolazioni e danneggiamenti perché tutto costruito in armonioso contesto. Villaggi come Zell, Bullay, Cochem, Moselkern Beilstein e tutti indistintamente gli altri minori sono gioielli cresciuti lungo le rive di un fiume che li ha legati a sé come una collana trattenuti dal filo armonioso della bellezza: elegante diadema per una regione regina, sposa di un fiume. 

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Fernando Da Re

Un cuore, due gambe e una bicicletta. In testa sempre la fresca vivacità di raccontare. Il risultato lo ritroviamo in questo sito da lui creato e portato avanti con l’entusiasmo e l’impeto dell’atleta che cerca risultati.


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