Basse Veronesi II^-cicloturismo nelle Valli Grandi Veronesi

un parco a portata di bici

A chi seguito il primo itinerario sempre su queste pagine, non gli sarà sfuggito il fascino del primo incontro con il territorio delle Grandi Valli Veronesi quando, con la ciclabile del Fiume Bussè, siamo arrivati a Corte Rosta e per strade secondarie fino alla palude del Brusà.Questo secondo itinerario intende approfondire sia il percorso ciclabile sia la conoscenza di una zona particolare ed unica.

Sarà possibile entrare più approfonditamente nelle caratteristiche ambientali e paessagistiche (con particolare risalto alle zone umide abitate da avifauna) e delle coltivazioni tipiche dei grandi spazi. Si visiterà una interessante villa veneta, poi in stile tipico da bassaroli si andrà a ramengo con l'incontro certo di situazioni emozionanti e rilassanti. La compagnia ci farà scoprire le scorribande da maraja de na olta. Per facilitarvi l'immersione in queste situazioni, riportiamo i ricordi appartenuti ad alcuni amici, nati e vissuti in questi luoghi, che oggi vi stanno conducendo con lo spirito fanciullesco di allora.

Così ricorda Giuseppe Merlin

"Avevo una casa, vecchia e povera, dalla quale potevo, stando a letto, vedere le stelle attraverso il tetto e con una porta d'entrata, che ben chiusa, lasciava entrare tranquillamente tutta la rosa dei venti"
"Passavo le giornate all'aria aperta. Ore ed ore ad osservare le formiche, le libellule, i maggiolini, incredibili ragnetti che vivevano nelle crepe del terreno, i girini nei fossi e la loro metamorfosi. Scoprivo nidi di uccelli sui tralci delle viti o tra i rami di salici. Imitavo il fischio dei merli, che mi rispondevano. Mi stendevo supino sull'erba a guardare l'allodola che saliva a chiocciola in alto, in alto…finchè non vedevo più nulla e pure continuavo a sentire il suo canto melodioso".

"Seduto sul sellino posteriore del Vivì fui condotto dal mio padrino, Giorgio a ricevere la Cresima. Avevo raggiunto l'uso della ragione e da qualche settimana ero stato ammesso alla prima comunione. Indossavo un completino "principe di Galles" con la regolamentare cravatta con l'elastico".

"I barattoli di latta, opportunamente preparati, venivano fatti saltare in aria con il carburo, prodotto chimico che inumidito produceva gas acetilene. Era un gioco pericoloso, che per pura fortuna, non provocò mai danni a nessuno".

"Fu in quegli anni e in quelle estati di gratuito sudore che scoprii uno dei miei più grandi amori: la bicicletta. Pedalando e sudando sotto il solleone, attraversando il paese mi dirigevo verso Bergantino, nelle valli Grandi. Costeggiando il fiume Menago lungo una strada dritta e spesso fiancheggiata da alberi giungevo a Santa Teresa in Valle, una minuscola frazione di Cerea sorta in luoghi di bonifica ai tempi del povero Benito. Raggiunto il Canal Bianco scendevo giù dalla scarpata e andavo a stendermi sull'erba vicino a all'acqua, all'ombra della vegetazione riparia. Là rimanevo, sdraiato a pancia in su, alcuni minuti. Guardavo l'acqua che scorreva con lentezza esasperante e osservavo le anatre selvatiche, le gallinelle d'acqua e tutti gli altri abitanti di quello splendido abitat naturale. Ascoltavo i suoni e le voci della natura: impressionante il canto del cuculo sotto le arcate del ponte."

Così ricorda Fernando Da Re

"I miei genitori non abitavano una casa, ma una stanza.Per andare a dormire, in camera al secondo piano, attraversavano la cucina di un'altra famiglia, una prima rampa di scale, la camera della madre, una seconda rampa di scale. Due piccole finestre guardavano un disordinato cortile e, sotto il tetto di assi, il vento quando c'era, passava tra le fessure".

"Lo ricordo ancora "AngeloNota"; il suo nome sempre legato al cognome, come il suo cavallo con il carretto, in partenza dalla corte per i campi o in arrivo con il carico di fieno, di legna o di pannocchie. Era una festa farsi trasportare fino a casa quando lo si incontrava per strada e aggrappati alle sponde del carretto ci si lasciava dondolare percorrendo strade sterrate che portavano a casa. Lui, senza figli, non ci sgridava mai".

"Il vestitino della cresima è lo stesso vestito che indossava mio padre al matrimonio di Amerigo, colore testa di moro, gessato, di "stoffa buona" acquistata dopo la guerra. Ricordo il sarto Ugo che consigliò di "rovesciare la stoffa perché era ancora nuova ".

"Non ci vide quel giorno che dissotterrammo dal cortile della chiesa alcuni teschi e li portammo con noi in un nascondiglio nei campi. Probabilmente era lunedì, giorno sacro per i calzolai e mio padre si approvvigionava di cuoio, colla, spago, pece, patina e semenzine"

"D'estate ero a tempo pieno ad aiutare mio zio "fornaro". Aiutavo a fare di tutto fino all'ora in cui dovevo uscire in bicicletta a consegnare "i scartozi" a domicilio nelle frazioni di Bardolino, Marchesa, Salò. A qualche cliente mancava spesso del pane all'arrivo, ma la fatica, la fame e la voglia di pane fresco e caldo erano motivi sufficienti per giustificare la mancanza di alcuni panini che per strada mi mangiavo. Un giorno sfortunato, il pane finito con cesta e bicicletta nel fossato, fra l'erba e le ortiche, non fu tutto raccolto e non potei né mentire né giustificare di aver mangiato una quantità così eccessiva di pane. Fui costretto ad un viaggio supplementare.Era normalissimo che i bambini avessero una occupazione estiva soprattutto quelli delle famiglie meno abbienti; il pane che gratuitamente portavo a casa, era la mia paga giornaliera".

Descrizione itinerario

Attraversato il centro di Cerea e il rione S. Zeno, l'itinerario mostra immediatamente il suo fascino presentandoci davanti allo sguardo il complesso architettonico dell'antica pieve (conservata e protetta da un generoso comitato) e la villa Franco-Bertelè detta "el Piatton".

All'uscita dal cortile della villa, il percorso si inoltra in una ciclopedonale dalla struttura sassosa ma di grande atmosfera: all'ombra di grandi pioppi il viale alberato ci porta fino alla villa Dionisi in loc. Ca' del lago lungo il tracciato originale del XVII sec.

Tratti di strade provinciali e poco trafficate ci portano in pochi chilometri ad Angiari.Strano a dirsi, ma addirittura due ciclabili si mettono in concorrenza per raggiungere da qui in poi la città di Legnago: la ciclabile del fiume Bussè e la ciclabile sull'Argine destro del fiume Adige che parte da Roverchiara. Preferiamo quest'ultima, anche se sterrata, perché la visione che si ottiene dall'alto dell'argine è migliore e fa godere con maggiore interesse il paesaggio.
Per sei chilometri L' Adige diventa un amico e mostra l'interessanti aspetti a chi sa osservare con semplicità e coglierli con animo naturalistico.

Il silenzio, i differenti profumi, i canti frequenti dell'avifauna, l'incontro con la piccola vita animale o con l'uomo nelle sue manifestazioni ludiche e sportive, sarà la componente di questo tratto di percorso.Attraversato il centro di Legnago (che abbiamo visitato e descritto nel primo itinerario), ci inoltreremo nelleValli Grandi Veronesi. Il fiume Bussè, che percorreremo per una decina di chilometri, ne è la più fedele ed invitante via di penetrazione fino alla Torretta.

Quanto descritto per la riva dell'Adige vale in particolar modo per questa riva ciclabile, cementata, di recente piantumata, ben ordinata e in sintonia con l'ambiente. Un vero percorso naturalistico, un'oasi di pace e di emozioni.
Il Bosco del Tartaro è la naturale sosta per un pranzo.

Proseguiamo sul lato sinistro della Fossa Maestra e lo sguardo ora non ha più confini: da un lato e dall'altro l'orizzonte è lontano, segno dell'estensione dei campi coltivati dopo la bonifica delle Valli Grandi. Questo fertile terreno porta a maturazione una svariata quantità di prodotti agricoli. Se un tempo mais e barbabietola erano predominanti, ora anche la soia, i piselli, il grano, il riso occupano grande spazio e il pioppeto materia prima per legno e cellulosa, interrompe le geometrie di queste variopinte estensioni.

Dopo la visita alla chiesetta in località Santa Teresa in Valle (bisognerebbe ascoltare il suo concerto di campane alle ore 12) l'itinerario si snoda pigramente verso la Borghesana per raggiungere in seguito Gazzo Veronese.
Da Gazzo a Nogara il percorso è breve e una strada secondaria che attraversa la località Brancon ci porta alla sua periferia che attraversiamo per raggiungere finalmente la Stazione della Ferrovia dopo aver percorso più di sessantacinque chilometri.

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