New Mexico, si conclude l'avventura in bicicletta di Renato Frignani lungo la Great Divide Mountain Bike Route
Concludiamo con questa pagina il racconto del ciclo-viaggio di Renato Frignani dal Canada al New Mexico denominata Great Divide Mountain Bike Route. Il percorso degli ultimi 1200 chilometri.
Il tragitto finale di questa ultima fase, prevede l’attraversamento del New Mexico, l’ultimo sta percorso. Non il più semplice o meno selvaggio. Devo ammettere che sono rimasto davvero colpito dalla bellezza di questo territorio. Un territorio che offre paesaggi molto diversi tra loro, localizzato a sud del Colorado e a nord del Messico; a colpo d’occhio verrebbe da dire che è uno stato molto desertico e secco. Al contrario sto constatando che nel New Mexico esistono diverse riserve e parchi naturali verdissimi: una delle più vaste è Gila National Forest. La parte finale è quella che per di più caratterizza l’aspetto “messicano”, lunghe distese desertiche e sabbiose coperte da arbusti e cactus. Il tracciato del GDMBR in New Mexico si addentra in zone molto remote e di particolare interesse paesaggistico, ciò detto, bisogna fare due conti su alcuni aspetti.
Consigli dell'autore Renato Frignani
Il clima prima di tutto. Se si pensa di affrontare questi territori nel periodo estivo è meglio fare bene i conti con le ore che si trascorreranno sotto il sole e con i litri d’acqua a disposizione. A volte passano giorni prima di poter trovare una sorgente d’acqua o un piccolo paesino con un market. Il fondo stradale è il peggiore che si può trovare, in alcune zone è sabbioso e pieno di spine e in caso di maltempo, è praticamente impossibile percorrerlo. Sono circa 1000 i km che si pedalano nel New Mexico, tra foreste, altipiani, zone desertiche e pietraie. Il mio ricordo va al mattino quando io Gary e Dave partimmo da Abiquiu. Ci svegliammo presto per precauzione visto che sapevamo che la giornata sarebbe stata molto molto impegnativa. Pedalammo tutto il giorno chiudendo la giornata con 53 km. Le impegnative salite su sentieri di pietre smosse ci avevano rallentato tantissimo. Ci accampammo a 3000 metri, in una zona boschiva molto verde e selvaggia. Il villaggio che apre le porte al deserto si chiama Cuba.
Un paesino che non dice nulla, molto semplice, una stazione di transito per viaggiatori e camionisti ma anche il punto giusto dove fermarsi per fare scorte. Sulle mappe dell’Adventure Cyclist Association vengo marcate strade alternative da prendere in caso di bisogno. Sono da tenere in considerazione soprattutto in visione dei cambiamenti climatici, è sconsigliato avventurarsi dopo Cuba se piove o se ha piovuto tutta notte. Partiamo all’alba da Cuba, il tempo è fantastico, un fresco venticello ci accompagna nelle prime ore del mattino. Già alle 10 il sole picchia forte e non ci sono posti dove potersi riparare, l’unica è andare e mantenersi idratati. Pedalare in questi luoghi, su strade primitive e sconnesse, vedere cavalli selvaggi che corrono liberi, paesaggi quasi lunari a 360 gradi, poteva fare paura tutto questo ma in realtà mi dava un sacco di carica ed energia. Dopo due giorni molto impegnativi e un accampamento di ripiego, raggiungiamo il primo paese, Grants. Per quanto possa sembrare grande, questa cittadina non ha molto da offrire se non i servizi base di ristorazione. Qui per caso, ritrovo una coppia di ciclo-viaggiatori che avevo incontrato al Brush Mountain Lodge, decidiamo così di passare tutti insieme la notte in un motel e di partire la mattina all’alba verso Pie Town. Da Grants a Pie Town ci sono circa 140 km di strade sterrate che attraversano zone di interesse. Una di queste è riserva naturale di El Maplais. El Malpais "the bad country" è un paese delle meraviglie di colate laviche solidificate, grotte di ghiaccio e pendii scoscesi ammantati di pioppi e di conifere. La nostra corsa verso Pie Town termina verso le 16:00 e subito ci fiondiamo in uno dei due soli locali del paese, a mangiare torte. Le torte, sono l’attrazione principale di questo piccolo paesino che a parte questi due locali, non offre altro. Decidiamo di trascorrere la notte contando sulla Toaster House, una casa semi abbandonata ancora in ottime condizioni. La casa è stata abbandonata dalla signora che l’abitava per concederla ai camminatori/cicloturisti in cambio di una piccola offerta. Essa è in perfette condizioni e funzionante. Si può utilizzare il bagno, la cucina, la dispensa e volendo anche dei materassi sparsi un po’ qua e là per la casa. Il giardino offre spazio sufficiente per poter piantare un paio di tende (con l’accortezza di stare attenti ad eventuali serpenti e ragni).
Mancano 500 km alla fine della mia avventura, ne ho percorsi 4800 e faccio fatica a crederci…. Quante storie, quanti pensieri, momenti che sembrano indimenticabili e che ora a scriverli mi affascinano ancora. Sto vivendo da protagonista un bellissimo film ed ora che sono quasi alla fine, vorrei rallentare, affinché i fotogrammi scandissero ancora a lungo la sensazione di avere più giorni da trascorrere in questo stato mentale. Lasciamo Pie Town per addentrarci nella bellissima riserva naturale di Gila, che al contrario della zona desertica appena traversata, è costituita da boschi di pioppi tremuli e abeti rossi, foreste di pini ponderosa e boschi di ginepro. Anche qui, non mancano i continui sali e scendi; il tracciato si snoda per ripide stradine battute e strade forestali dove raramente si inserisce il traffico. Dopo due giorni di viaggio nel Wild raggiungiamo la città di Silvercity, viva e dinamica, ultimo centro urbano prima di terminare il viaggio. Da questo punto, in due giorni si può raggiungere la meta. La strada in parte asfaltata e in parte al naturale con sabbia misto a terra, è quasi interamente piana.
Trascorro l’ultima notte insieme agli amici di viaggio in Hachita, presso l’abitazione di un signore di nome Jeff che per mestiere ospita e organizza i trasporti da e per gli aeroporti circostanti, a tutti i ciclisti che affrontano il Great Divide. Dietro pagamento, Jeff ti viene a prendere ad Antelope Wells per riportarti ad Hachita dove con calma ci si organizza per andare in aeroporto. Hachita non è né un paese né un villaggio, ad Hachita esiste Jeff e una sorta di alimentari con qualche cianfrusaglia. Passiamo la serata tutti insieme. Io cucino spaghetti con un sugo improvvisato e da buon italiano, metto a disposizione una sacca da due litri e mezzo di vino rosso acquistato a Silvercity. Questa ultima notte trascorsa sul sentiero del Great Divide ci porta una euforia strana, mangiamo, beviamo, festeggiamo il percorso, l’amicizia e la conclusione felice di un’avventura. Il 9 settembre lasciamo tutti insieme la casa di Jeff ad Hachita e imbocchiamo l’unica strada che porta ad Antelope Wells, una strada asfaltata e dritta per 74 km.
C’è tempo per guardarsi attorno, pensare, riflettere del presente e del passato, a quello che si è fatto: con me porta la mia riflessione di come sono partito da solo e come termino questo viaggio in compagnia di altre persone, a conferma che sulla strada non si è mai soli:ero una persona ed ora sono cambiato. Molte cose sono successe, il bello del viaggio è imparare, conoscere, rivalutarsi per migliorare. “La vita è un viaggio e chi viaggia vive due volte”. (Omar Khayyam) Credo fermamente che questa sia stata l’esperienza più significativa della mia vita e che ha profondamente sancito un cambio di persona dentro di me, ed ora mi sforzo di capire perché al termine di un viaggio “il mio quaderno si trasformi in una raccolta di esperienze spirituali o in un sostentamento dei sogni”. Grazie a quanti mi hanno seguito, grazie all’ospitalità di questo sito e all’amicizia di Fernando che mi ha offerto la sua ospitalità. Quanti credono che al termine di un viaggio non sia necessario scrivere dico loro: ogni appunto, che inserirete in un foglio bianco avrà la facoltà di allungare il vostro viaggio finchè durerà il ricordo. (Renato Frignani)
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