Spalato, Mostar e Sarajevo

da Spalato a Mostar

Questo cicloviaggio ci resta appiccicato addosso diversamente dai precedenti, quando penso ai momenti, ai luoghi particolari, ai volti incontrati e indelebili mi avvolge la malinconia. L'idea era quella di muoverci in terra balcanica e raggiungere alcuni luoghi simbolo di una tragedia che avevamo vissuto solo attraverso i media negli anni ‘90. Non mi sono reso conto che sono passati più di 20 anni dal termine di quel conflitto... forse perché in seguito si è incendiato anche il Kosovo e si è protratta la tragedia.

Prima tappa: Spalato- Vergoraz 120 km.

1 tappa

Balzelli fra pedalate e treno per arrivare da Cesenatico ad Ancona. Siamo in ritardo sulla partenza; navigheremo di notte alla volta di Spalato. L'aria all'interno è fresca, quasi freddina, perché condizionata.Sul ponte il caldo è piacevole... un caldo Bostik. In mare aperto, l'aurora delinea costa di arrivo, isole e canali. L'alba è splendida nel porto di Spalato. Superato il caos dello sbarco, vorremmo iniziare bene la giornata con una buona colazione, piccolo grande vezzo italiano difficile da abbandonare fatto di caffè, cappuccino e cose dolci.

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Non ci riusciamo e non accettano pagamento in euro. Ci adoperiamo almeno un'ora per poter uscire dal dedalo di vie e infilare la strada costiera. Ad Omis finalmente ci dirigiamo verso l'interno, felici di lasciare il traffico pressante. Risaliamo il corso del fiume Cetine; canoe sull'acqua, sulle rupi gente che si arrampica, sul letto del fiume i gommoni da rafting, con il rammarico che la strada e la vegetazione non permettono la vista sulle rapide.

Il verde e l'ombra mitigano la prima vera fatica sul percorso che inizia a salire in maniera decisa. Raggiungiamo un apice panoramico di pietre chiare con un enorme crocefisso posto sopra la vallata appena percorsa. A Zadvarje ci concediamo un pranzo sostenuto (forse troppo!) e una Karlovacko Pivo.

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Dopo un corto tratto di strada statale deviamo per una via minore che sulla carta segue quasi parallelamente la principale. Una via crucis che taglia un paesaggio tutto uguale fatto di sassi e arbusti; qualche piccolo abitato dove non si vede anima viva. Sarà l'orario? Pochissime auto incrociate, spesso le stesse. Vorremmo passare la frontiera HR/BIH prima di sera ma la salita è un girone monotono, senza fine. Dopo aver praticamente vinto una montagna (o almeno ci è parsa tale) e aver finito anche la scorta di imprecazioni, arriviamo stremati ad un bivio da cui parte la discesa verso il territorio bosniaco: Slivno. Perdiamo tempo a chiedere indicazioni ai locali poi infiliamo la discesa; dopo un km la Policja ci intima l'alt.

Gli agenti ci spiegano che il passaggio è interdetto agli stranieri e consentito solo agli abitanti del luogo. A nulla valgono i vari tentativi per convincerli, alcuni plateali,... ma platealmente reali. Dietro le nostre ruote si profila di nuovo la salita e, oltre, una montagna da scalare nuovamente. Sono già trascorse le ore 20,00, proviamo a chiedere sostegno per la notte ai contadini. Di solito funziona, ma nessuno si è sentito in dovere di ospitarci. L'alternativa allora è passare la notte sotto una tettoia, riposare alla meglio, valicare e mangiare domani.

Come un angelo piovuto dal cielo, un ragazzo toccato dai nostri tormenti, si offre per un passaggio in auto oltre l'infame montagna. La situazione è così concitata che dimentico di scattare la foto del momento, ma posso spiegarla: bagagliaio della Golf con le bici smontate e i bagagli, io e Vanni abbracciati su sedile passeggero. Ore 21,30: siamo nella camera dell'hotel di Vergoraz (o Vrgorac).

Seconda tappa: Vergoraz-Mostar 65 km.

2 tappa

Ci dirigiamo verso il confine e Medjugorje, che è sulla strada verso Mostar. Dopo gli aspri rilievi croati, l'ingresso in Bosnia si presenta con una piana confortante e una successione infinita di chioschi di cocomeri e frutta. A Liubunskj il bancomat non permette di ritirare la valuta bosniaca ( ma sarà lo stesso in tutto il territorio bosniaco).

Ci conforta che il contante in euro viene accettato volentieri con un onesto cambio. Medjugorje non è un paese caratteristico ne un bel luogo; una fila di anonimi edifici con negozietti di souvenir religiosi e infiniti punti di ristoro. I due campanili della cattedrale sembrano vigilare su una mesta quiete mentre la Security, controlla e interviene sugli atteggiamenti non consoni al luogo. Si intravede una grande croce sopra una cima, immaginiamo sia il sentiero percorso e raccontato dai fedeli.

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"Cosa abbiamo combinato ora?" Un ragazzone ci ferma poco prima del santuario. Ci ritroviamo coinvolti in una video-intervista a raccontare la nostra avventura appena iniziata e vari misticismi (e non) ad essa legati. Il caldo è veramente feroce. Fortuna vuole che ci siano fontane di acqua fresca ovunque.

"E ora chi riparte?", eppure...Mostar non dista poco meno di 40 km. La strada è buona, poco traffico su una carreggiata sempre larga. Di tanto in tanto ci si profilano di fronte alcune montagnole rocciose che non fanno presagire nulla di buono, ma ci beviamo le salite perché né lunghe né impegnative. Dietro quelle rocce ci dovrebbe essere Mostar; la strada inizia a scendere poi si stringe in una viuzza fra casupole ed infine si placa vicino al centro della "città del Ponte".

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Le indicazioni guidano alla Stari Grad, la Città Vecchia, ed anche al ponte divenuto famoso. Qualche edificio è ancora abbandonato e bucherellato. Seguiamo le indicazioni e il flusso della gente e la fisionomia del luogo si trasforma immediatamente. " Dio, ci troviamo a San Marino!?" fu la mia prima impressione. Inaspettati negozietti di souvenir ovunque, viavai di turisti di ogni colore, bazar e ristorantini ad ogni metro. Il ponte è lì, oltre quel muro di persone. E' un'impresa raggiungere la balaustra e vedere oltre. Si attende un poco, si sgomita un po’ e finalmente si vede tutto il ponte.

L'ottica della fotocamera fatica a riprendere la sommità del ponte e l'acqua sotto. L'altezza di 30 metri dà una qualche impressione ed i tuffatori sono pronti a saltare se solo i turisti contribuissero a raggiungere la cifra chiesta per il tuffo. La moschea mostra cartelli dove l'accesso è consentito solo per la preghiera ma i turisti possono transitare in un passaggio laterale a pagamento. Noi non dobbiamo pregare e non abbiamo intenzione di disturbare alcuno per  “piacere turistico”.

Attraversiamo la Vecchia-Nuova città girovagando fra le stradine, gli angoli, i manifesti colorati incomprensibili, gli sbevazzati, i musicanti e le cucine di strada per raggiungere una pensione di nuova costruzione come ormai è il resto della città. Il ragazzo che la gestisce ci racconta che era bambino al tempo del conflitto e la linea di demarcazione, fra gli aggressori Serbo-Bosniaci e gli abitanti di Mostar che resistevano, passava proprio davanti al suo cortile. Ed erano solo macerie tutt'attorno. Ora non si nota quasi nulla, a parte qualche "ingombrante monumento".E' sera e la fatica di questi primi due giorni reclama una birra fresca, una cena sostenuta e una buona dormita. (Prima parte fine)

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