Basse Veronesi I^- cicloturismo nella terra di Salieri

Da Verona a Legnago

Quando cerco nella mia mente una immagine per rappresentare la "Bassa che scompare," non posso fare a meno di vedere i muri scrostati delle sue case. Sembrano croste di ferite sanguinanti, non ancora rimarginate, a volte purulenti, quasi sempre scoperte, brutalmente inguaribili. Questa immagine si associa spesso nella mente del visitatore delle Basse assieme al resto della casa spesso dimessa, senza pittura, "grigia come il fumo", perennemente umida.

Queste case lasciano intravedere un camino dal quale non esce più né fumo né profumo, nè odori nè aromi di una cucina povera che coniugava umiltà a sapori, povertà a nutrimento.
E non è facile spiegare perché una terra fosse destinata a scomparire.
Forse perché ha vissuto troppo?

La sua storia infatti inizia prima dei castrum romani, si perde nei tempi ancora da decifrare.
Forse perché ha dato troppo?
La sua comunità conta personaggi illustri, spesso sconosciuti e dimenticati.

Forse perché ha dimenticato troppo presto e non ha saputo o voluto mantenere la memoria della sua ricca storia?
Io non so dare una risposta; mi piace citare questi versi di Giampaolo Feriani che riportano ad un tempo prezioso , quando la ricchezza di quel tempo erano i sentimenti, erano le semplici cose, erano le grandi situazioni vissute con umiltà e generosità…
e quando i colori… non erano solo quelli della nebbia

Ringrassio Dio che quando l'à pensà
'ndo farme nàssar l'à sernì un paese
fato de poche case, qualche prà…
e un stradon bianco incornisà de sese…

e lì ò imparà a nodar drento i fossi,
a corar descalso a piè partera,
a bevar l'acqua tirà su da i possi,
a andar par pisacagni in primavera….

ringrassio Dio che 'l m'à lassà zugar
con quel che capitava…anca con poco..
na surla, un sentanin…podea bastar
Par el mondo picinin, pitoco..

Ringrassio Dio parchè el m'à dato tanto:
parchè go visto nassare el caval…
gò ciapà in man la lodola e el s-ciaranto…
son 'ndà de note a rane col fanal…

Ringrassio Dio che in tola a casa mia
El pan no 'l ne mancava mai…
e gnanca la polenta..e la graspìa..
Ringrassio Dio che l'à inventà i niai
per farme rampegar .. ringrassio Dio
par la gente, semplice, de cor..
con lori, pori cristi, gò capio
che i schei no i gà mai fato nessun sior.

Par tuti sti regai, sora l'altar
de i giorni che i me sbrissia in mezo a i diei,
mi porto in offertorio el me zugar,
l'odor de i campi, el fogo de i brugnei,

le fole de i filò drento la stala,
do s-giavare de legno co le broche,
un s-cianco, un par de marmore, na bala…
a Dio gh'iè porto su le man pitoche

de la serenità de la me gente
gente che vive co'n fassol de tera..
gente che la sa godarse con gnente…
ghe basta un goto per tirar fin sera.

Più difficile pensare una immagine per la "Bassa che rinasce".
Nell'attualità che sto vivendo mi viene in mente Antonio Salieri . Lo faccio allora simbolo della cultura, per dire che la Bassa è rinata nel momento in cui ha ritrovato la cultura, la sua cultura, antica, profonda, dimenticata. Un nome sopra tutti ha contribuito ad far svanire le " nebbie" della "umida" Bassa e riportare sprazzi di sole nei campi della sua nuova storia.

E' stata premiata quando ha lottato per riscattare un suo grande figlio, maestro della musica, ingiustamente accusato di plagio e sospettato di omicidio. Non senza difficoltà ma con grande amore, Legnago si è liberata da brutti sogni che il tempo aveva costruito per Lei durante il suo lungo letargo.

In passato succedeva che rovi e sterpaglie cancellassero monumenti gloriosi sotto un manto intricato e impenetrabile; nel caso di Salieri sterpaglia e rovi, fatti crescere dai mass-media, avevano presentato una enorme quantità di cose, finendo con il nascondere o distorcere la verità sul grande Mestro: "l'eliminazione della lontananza, con la vicinanza di tutto, viene a coincidere con l'assenza" (Martin Heiddegger).

E così ora nascono "progetti", "scuole vocali" e " strumentali" intitolate a Salieri, così studiosi approfondiscono, in giro per il mondo le sue straordinarie capacità, riscoprono i segreti di un esperto musicista compositore, pubblicano opere spesso inedite del Maestro.

Tutto questo forse è una occasione, un pretesto, una possibilità. E' comunque una realtà, una sicurezza : Legnago e la Bassa si riscattano attraversa la cultura.
E a tanti, cittadini e associazioni, increduli e titubanti, viene lanciato un invito a partecipare al rinato entusiasmo presente, fervido collante tra nebbioso passato e soleggiato prossimo futuro.

Parafrasando un canone di A. Salieri ora la Bassa può cantare:

" Venga nel nostro coro
chi viver vuol contento,
chi solo senza stento,
la pace troverà"

Itinerario consigliato da Legnago a Verona

il percorso ha una nuova e completa segnaletica su tutto il percorso in andata e ritorno.

Legnago, Vangadizza, Aselogna, Casaleone, Sanguinetto, Concamarise, Aspretto, Bovolone (Parco Menago), Tarmassia, Caselle di Isola d. Scala, Buttapietra loc. Feniletto, Strada delle Grazie, Laghetto Trinità, Piazzale del Policlinico (arrivo).
Dopo aver percorso il centro della città ( chi ha tempo deve vedere Duomo, "torrione" antica roccaforte del quadrilatero, chiesa della Disciplina con Madonna con bambino attribuito a Ranuccio Avari 1630, Museo Fondazione Fioroni, Museo Archeologico) l'itinerario si avvia verso la campagna tipica della bassa.

Lungo il fiume Bussè la parte di pista che si percorre, nuova nella sua ideazione e ben costruita, conduce verso Vangadizza. Lo sguardo non viene più ostacolato da costruzioni, ma riposa nell'osservazione di alberi, campi , del fiume del lato sinistro che scorre lento ( e purtroppo non più limpido). Senza il traffico, l'itinerario permette di rilassare lo sguardo nell'osservare gli spazi dei campi, nei filari di alberi, nel corso di fossati. Verso est, in distanza un campanile, tozzo, senza punta, alto più di tutti. E' quello di Vigo, un paese senza fama, (non vogliatemene allora per questo campanilismo ma sotto quella torre- campanile sono nato e cresciuto fino al 1965 ed è doveroso questo amorevole richiamo nell'incontro con un così vecchio amico.)  In località Rosta, per strada secondaria si raggiunge Aselogna,: nelle antiche mappe esisteva già la sua posizione rilevata per effetto di un "palazzetto" esistente prima del '500 appartenuto a famiglie nobili dei Monselice e dei Widman.

Il percorso, curva dopo curva, entra al Palazzetto di Aselogna appartenuto in età moderna allo studioso e paleontologo Stefano De Stefani, (che conobbi personalmente), che contribuì con i suoi figli al definitivo restauro e conservazione. (Recentemente un incendio l'ha precipitato nell'alto medioevo quando le orde barbariche crudeli ed ignoranti rovinavano costantemente i tesori, certificando, se ce ne fosse bisogno, che i barbari purtroppo esistono ancora).

La strada che porta verso Casaleone ( Comune amico del turismo itinerante) mette in mostra la campagna ordinata, pronta per le semine, nella quale è facile intravedere specie di uccelli che vivono preferibilmente nell' Oasi acquatica vicina del "Brusà". Passando davanti alla corte Rovagnana ( se si ha tempo si raggiunga anche la Rangona e la Borghesana a Sustinenza) si resta stupiti da ciò che era la la casa "dei siori" in tempi passati, la corte padronale dove una comunità era al servizio dell'impresa agraria cioè del latifondo.

Vecchi attrezzi sono ancora in mostra un po' in tutte le corti che si incontrano, a simbolo di una radicale ma recente rivoluzione tecnologica. Imponenti trattori hanno preso il loro posto.
Dopo Venera, per Asparetto, si intravede la Corte Faval già appartenuta ai Canossa nella quale fa bella vista naturalmente una cappella oratorio.

Piano piano si percepisce che la ricchezza della zona non è più solo agricola, ma diventa artigianale, industriale legata alla lavorazione del legno, e del mobile. Di questo passaggio si notano i diversi elementi: urbanizzazione, capannoni, inquinamento del territorio. Ogni fossato riporta ora le reliquie della ignorante e sottoculturata modernità anche se nessuna critica deve essere fatta verso una agricoltura attiva, moderna e ordinata.

L'incontro con l'antica pieve di San Giovanni Battista al km. 30 vale il viaggio che abbiamo costruito. Da lontano, improvvisamente in mezzo alla campagna, s'erge il complesso architettonico tra filari di pioppe cipresse, recuperato fortunatamente da eccessive costruzioni intorno, creando una " piazza" verde, ristrutturato in occasione del Giubileo del nuovo millennio (vedi descrizione a parte).

A Bovolone si può vedere l'oasi del parco del fiume Menago, quasi un "museo all'aperto" per conoscere flora e fauna della Bassa e delle zone umide. L'itinerario percorrre successivamente strade secondarie per Tarmassia, Caselle, Buttapietra. Ancora il territorio agricolo ci consegna qualche sorpresa. Da coltivazioni estese di mais, grano, tabacco si trasforma in colture più ristrette riservate a frutteto, ad orticoltura spesso protetta, ad attività vivaistica. Con qualche eccezione ancora in località Caselle di Isola della Scala e località Feniletto di Buttapietra dove antiche corti, attorniate da innumerevoli ettari, conservano ancora l'idea di un mondo agricolo legato all' antico latifondo.
Oramai la città si avvicina, le colline e le montagne l'abbracciano. Eppure ancora lo sguardo e la mente si rilassano nell'incontro con i laghetti in località Trinità: vere oasi di pace per pescatori sportivi, occasione per una nostra sosta e ristoro per molti.

Qualche pedalata ancora e la città è alle porte. Un incontro tutto sommato piacevole dopo i 65 km percorsi in serenità lungo l'intera giornata. Ai più non sfuggirà la quasi intatta ampiezza degli orizzonti, anche se turbata da modernismi edilizi, la resistenza di alcune tradizioni, la vitalità di un largo tessuto agricolo: componenti da rispettare e salvaguardare per avere modo di tuffarsi periodicamente ancora in futuro nella suggestione delle "Basse".

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