"Una parete senza colore", menzione antologica al Bicicletterario 2019
A Emden il mare non c’è. Sembra mare l’ampio fiume Ems che qui trova riposo addormentandosi nella baia del mare del Nord chiamata Dollard. Trecentosettanta chilometri di lento fluire. Le innumerevoli imbarcazioni in sosta o in movimento tra i canali fanno di questo pittoresco villaggio un porto di mare.
C’è l’odore che viene da ovest con la brezza. A pochi chilometri, le isole Frisone contendono il territorio al mare e, colà, l’effluvio è più forte e meno elegante. Una distesa di mare grigio che gli amanti degli spazi senza fine vanno a cercare e sembrano gradire con particolare emozione. Dopo aver attraversato campi, canali, fattorie, questi turisti, intimamente pellegrini, porteranno per sempre dentro l’eccitazione di aver visto la fine della terra. Come contraddire Th. H. Huxley: ”…fare una passeggiata in riva al mare, o in campagna è come visitare una galleria piene di stupende opere d’arte.” L’autore non aveva ancora conosciuto la bicicletta e per esperienza posso dire che questo veicolo è la chiave per aprire la porta di questa galleria d’arte. Molte di queste emozioni sono possibili solo viaggiando in bicicletta.
A Emdem Karl-Heinz aveva il suo veliero nel porto. Aveva, perché ora con i suoi 80 anni gestisce un hotel-garni, con l’entusiasmo di un giovane, in Petkumer Strasse. Una casa, la sua, piena di fotografie e riconoscimenti. Ricordi appesi al muro, tanto fitti da non capire di che colore sia quella parete. Ogni immagine un ricordo, ogni cornice un ritaglio di giornale. Tenta di spiegare, a chi soggiorna da lui, il romanzo della sua vita: la demolizione del veliero, l’apertura di un Imbiss, la ricostruzione della casa dopo un incendio, la sua notorietà attraverso gli articoli del giornale locale che lo ritraggono in allegra compagnia di molti. Nell’interpretare il suo racconto, lentamente scandito e accompagnato da movimenti delle mani e del viso, non è facile per me ricostruire la realtà e mi aiuto a volte con un po’ di fantasia. Per continuare a far rivivere le vicende del capitano, lo consiglio di aggiungere una fotografia di noi due, ripresa con l’autoscatto che gli avrei inviato al ritorno. Mi incuriosisce, nel mentre, una foto che sembra rappresentare un monumento alla bicicletta. Karl-Heinz mi spiega, ma non capisco. Punta il dito contro di sé e parla a lungo. Intanto continuo ad osservare la foto: una stilizzata bicicletta che si innalza verso il cielo. Dove sia quel luogo, perché il monumento sia proprio in quel luogo non lo saprò mai. Ma Karl-Heinz ha capito e mi fa cenno di seguirlo. Appoggiata al muro di un vicoletto giace la sua bicicletta: “quindici chilometri sono sufficienti per Denkmal, monumento.”
A Ditzum il vento muove le reti secche e inutilizzate e comunica il cambiamento atmosferico nell’aria. Un’àncora arrugginita attende senza speranza il ritorno in mare della barca in disarmo che la ospita. La motobarca di linea invece carica le biciclette e si appresta all’attraversata. La Ems-Radweg inizia oltre il fiume dove ci porterà il traghetto. E per la prima volta in questo viaggio sono con un compagno. Allo sbarco si incontrano pure la Internazionale Dollard-Route e le numerose ciclabili che entrano nei Paesi Bassi, il cui confine è ad una decina di chilometri. Percorriamo cercando di comunicare e leggere il paesaggio insieme, ma dopo alcuni chilometri Karl- Heinz mi fa un cenno. Nei pressi di un nuovo traghetto, quello per Leer in località Bigum, c’è il monumento.
Di linea stilizzata ed essenziale, la bicicletta si innalza nobile e maestosa verso il cielo disegnata da un profilo di acciaio senza interruzioni: sembra esser posta a riconoscenza universale del più ecologico e salutare mezzo di trasporto. Un turista traduce per me in Inglese le parole di Karl-Heinz: “…in questa area mi sono battuto per questo monumento perché diventi un inno alla natura, perché andare in bicicletta significa scrivere pagine bellissime con l’inchiostro del silenzio, sulle ali della fantasia, perché l’emozione del viaggio in bicicletta deve essere convertita in solitari sospiri, in disincantati sussurri del vento tra le foglie di querce e di betulle, in garruli e ciarlieri suoni d’uccelli in amore, in fremiti ronzanti di sassi e pietrisco sul dormiente sentiero.” Karl-Heinz è anche poeta. I numerosi cicloturisti, bambini e adulti, in attesa di imbarcarsi per proseguire il viaggio fotografano noi due mentre ci abbracciamo. Si allontana dalla sponda il traghetto, si fa più piccola la smisurata bicicletta del monumento, non vedo più nemmeno il poeta. Presto una nuova fotografia troverà spazio nella parete “senza colore” in casa di Karl-Heinz.
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