Cicloturismo nel Delta del Po - prima parte

Delta del Po -Da Albarella a Porto Caleri

Questo itinerario si snoda nella parte a mio avviso più suggestiva, attraverso le valli da pesca a Nord del ramo di Levante fin oltre la foce dell’Adige.

Un habitat straordinario per molti uccelli palustri e migratori: fenicotteri rosa, aironi, folaghe, anatre, cavalieri d’Italia, cormorani. Un viaggio ricco di fascino e di incanto. La simmetria delle strade e la varietà dei percorsi tra gli acquitrini salmastri suggeriscono, infatti, infinite quanto invitanti deviazioni.

 

Abbandono subito l’artificiale mondanità di Albarella e, poche pedalate dopo l’Oratorio Mazzucco, anche i rumori della strada provinciale per inoltrarmi nel cuore del Delta. L’aria del mattino, in questo inverno che non se ne vuole andare, è ancora molto fredda. Il cielo è terso e di un azzurro intenso. Una leggera brezza a favore sospinge la bici sullo stretto nastro d’asfalto che fugge via veloce. Solo adesso, finalmente, comincio a sentirmi viandante, pellegrino o, più semplicemente, sognatore. Una sensazione di abbandono che mi fa sentire come quest’aria, il sole o le stagioni.

Libero, come loro, sento di non appartenere a nessuno.

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All’improvviso poco sopra l’orizzonte compare una gigantesca nuvola nerastra dai riflessi argentei. Mi fermo ad osservarla con incantato stupore: un turbine, un roteare più veloce del vento. Si avvicina, si allontana, scompare per poi ritornare mutando rapidamente forma. Troppo repentini i cambiamenti per poterla seguire anche solo con il pensiero: è uno stormo di fenicotteri rosa, centinaia, forse migliaia, forse anche di più. Poi si abbassa per adagiarsi dolcemente sulle acque appena increspate nei pressi della Palude Pozzatini. Resto ancora per qualche attimo a fissare attonito quel cielo improvvisamente limpido e vuoto. Come se mi mancasse qualcosa.

A Portesine il paesaggio si apre: ecco, oltre un piccolo bosco di lecci, la foce dell’Adige. Qui l’acqua dolce si mescola lenta, quasi in un sensuale desiderio, con quella del mare. La confluenza di queste acque, le onde e le tracce di fango che sfuggono e si dissolvono segnano un punto d’arrivo ed invitano ad una sosta. Sulla piccola spiaggia, tra i tanti, attira la mia attenzione un pezzetto di legno. Una naturale levigatura ne evidenzia le nodosità e dice di un lungo viaggio. Lo voglio raccogliere per portarlo con me … un dono del mare.

Attraverso e lascio Rosolina Mare per Porto Caleri. Non troppo malvolentieri. Case vuote, persiane chiuse, perfino i colori dei muri appaiono sbiaditi. Nessuno per la strada, non è stagione. Osservo con rammarico come tante costruzioni, pretenziose e pacchiane, abbiamo snaturato o addirittura sopraffatto i tratti originali di questo luogo.

Le giornate sono ancora brevi e, lungo la strada, la galleria di alti pini marittimi che d’estate protegge e ristora dalla calura, oggi è già fredda ed umida. Purtroppo, in questo periodo, anche il bellissimo orto botanico è chiuso. Così il piccolo ed accogliente bar in riva al mare. Non mi resta che sedermi sul molo del porticciolo ad osservare affascinato queste acque, verdi e trasparenti, e tutto ciò che si riflette nel loro specchio: oltre al mio viso che le scruta, la gentilezza delicata della silhouette di un vecchio pescatore. In piedi sulla sua barca, pochi metri al largo, cala e ritira la sua rete. Un’ ombra nera, nitida contro il cielo che sta per imbrunire. La magia di un gesto antico.

Anche lui in quel rito cerca, forse inconsciamente come me, l’essenza e la semplicità dei gesti e delle cose. (Luciano Zamperini)

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