A Verona ci vado in bicicletta, racconto presentato al Bicicletterario 2019

Ho un impegno lavorativo a Verona alle 8,30 di martedì. Ci sono diversi modi per raggiungere Verona. Un paio d’ore in auto o un'ora col treno veloce. Sono solo duecento chilometri. Ormai, un impegno lavorativo a Verona è vicino a casa. Potrei partire la mattina presto e arrivare in perfetto orario.

 

Questi metodi li ho adottati per anni, mi spostavo da un luogo all’altro in Italia, in Europa, negli USA a velocità incredibile. Facevo una riunione di lavoro la mattina a Pistoia e un’altra il pomeriggio a Torino prima di rientrare a casa in Brianza. Questa vita non mi appartiene più, ho cambiato mestiere. L'ho sempre un po' sofferta. Mentre guidavo guardavo oltre l'autostrada, in aereo volevo il posto vicino al finestrino per poter guardare in basso. Cercavo posti. Immaginavo quanto sarebbe stato bello percorrere quei luoghi lentamente, fermandomi, osservandoli, vivendoli sentendone gli odori e respirandone l'aria. L'immaginazione e i desideri, se sono proporzionati e tarati sulle proprie capacità, prima o poi, possono diventare realtà.

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Domenica sera carico la bici con tutto ciò che mi serve. Ho una capiente borsa agganciata sotto la sella, messa proprio per potermi spostare in bicicletta. Mi guadagno il lunedì libero e, a Verona, ci vado in bici. Come mia abitudine, disegno una traccia da poter seguire che mi fa passare per Bergamo e attraversare in linea retta la Franciacorta fino a Brescia, prima di arrivare a Verona dalla zona delle colline moreniche sotto il Lago di Garda. Quest'ultima, è la zona che conosco meno. Vorrei partire presto. Mi sveglio alle 6. Esco di casa ma è tutto ghiacciato e la temperatura è prossima allo zero. La primavera non vuole proprio arrivare. Non voglio portare indumenti pesanti. Poi scalderà e ho già la borsa piena di abiti “civili” per il mio impegno di lavoro. Non ho spazio per gli indumenti pesanti che dismetterò. Aspetto un po'. Lascio arrivare il sole e parto quasi alle 9. Attraverso velocemente la Brianza fino all’Adda che supero sul ponte di Paderno. Passo il Brembo a Ponte San Pietro e arrivo a Bergamo. Bergamo è una città che ho sempre amato. È molto ciclabile, pulita e ordinata. Non salgo a Bergamo alta come mio solito, voglio arrivare velocemente a Brescia e gustarmi il tragitto che mi condurrà a Verona. Attraverso il Serio a Seriate e imbocco le ciclabili del parco delle nebbie. Ogni volta che mi trovo in questa zona passo di lì. Si tratta di ciclabili cementate e sterrate nel bosco ben curato con repentini cambi di pendenza e di direzione. Molto belle e divertenti.

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Attraverso qualche paese della periferia orientale bergamasca ed entro in Franciacorta. Mi dirigo subito verso sud, all'interno della parte più meridionale della Franciacorta, a ridosso dell'autostrada A4. I primi tratti non mi entusiasmano. Qui, ho disegnato la traccia un po' troppo velocemente, con una linea retta, per risparmiare chilometri per la seconda parte del viaggio. Faccio troppo asfalto e strade trafficate così, decido di abbandonare la traccia e proseguire imboccando solo sterrati e strade secondarie. Le tracce che disegno servono solo a darmi un riferimento, non sono mai vincolato ad esse, vado solo dove ho voglia di andare. La scelta è vincente. La Franciacorta è territorio ciclabile per eccellenza. Piccole strade asfaltate, sterrati, vigneti, nessuna auto, nessun rumore se non quello emesso dalle ruote della propria bici. Percorro la Franciacorta pedalando fra i suoi vigneti usufruendo delle strade di collegamento tra essi. La Franciacorta non mi ha mai deluso e anche questa volta ha confermato le attese.

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Riprendo la traccia prima di Brescia che attraverso in centro e inizio la parte del viaggio che m’interessa e incuriosisce maggiormente. Non vado verso il Lago di Garda, come tutte le volte che mi sono trovato in questa zona, vado verso sud, ben oltre l'autostrada A4. La scelta è giusta. Ricorderò questa zona come una delle più belle mai percorse in bicicletta. Colline e ancora colline. Non alte come quelle brianzole o toscane. Colline basse che lasciano sempre spazio visivo all'orizzonte. Spazi ampi, verde ovunque, tanto verde. Stradine strette con tante curve, talvolta asfaltate, talvolta cementate, talvolta sterrate. Di quello sterrato compatto, bianco, pulito, curato e ben tenuto. Salite poco impegnative e belle discese, veloci, sterrate, dove la bici bisogna saperla guidare. Come in tutti i bei posti, non ci sono auto, solo qualche trattore. È pomeriggio, fa caldo finalmente. Mi piace guidare la bici in questo posto. Salgo sulla collina, mi fermo a guardare il panorama, la giornata è bella e limpida e poi scendo tra le curve. Fantastico! Se, fra tutte, dovessi scegliere una cosa da fare in questo momento, sceglierei questa. Spesso mi chiedono come faccio a fare così tanti chilometri in bicicletta: faccio così, mi diverto. Non sento la fatica, voglio solo andare a vedere cosa c'è dopo, oltre la collina, dopo la curva. La testa fa tutto, non le gambe. Questo splendore dura più di cinquanta chilometri, più di due ore.

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Il dover arrivare a Verona e interrompere questo idillio quasi mi spaventa. Vorrei che il viaggio fosse ancora più lungo di quanto sia. La meta mi spaventa. L'ho sempre associata alla fine di qualcosa di bello. Il bello di ogni obiettivo è lavorare per raggiungerlo. Il bello di ogni viaggio non è la meta ma il viaggio stesso. Arrivo a Verona e prendo la direzione “centro”. È quasi il tramonto. Ho un albergo prenotato a venti chilometri di distanza, vicino al luogo del mio impegno di lavoro. Non sono stanco, non voglio far finire questo viaggio. Giro per il centro di Verona in bici godendomi il tramonto sull'Adige. Le mie sensazioni in questo momento di ogni viaggio sono, spesso, le medesime. Sono soddisfatto di me stesso, ce l'ho fatta. Non sono soddisfatto per essere arrivato a Verona in bici, questo è abbastanza normale per me, sono solo duecento chilometri. Sono soddisfatto per aver fatto un viaggio bellissimo, per aver visto tante cose, e per essermi proprio divertito, rilassato, entusiasmato. Questi sono i miei veri obiettivi. Proprio per questo, cerco di fare in modo che il viaggio non finisca, anche se la meta è già raggiunta. Trovo qualcosa da aggiungere, un nuovo addendo da sommare. Mi fermo per una pizza seduto ai tavolini fuori, non fa freddo, e riprendo la bici per un altro giro di notte prima degli ultimi venti chilometri.  Un altro viaggio strepitoso, come al solito. Altri luoghi, emozioni, odori da riservare alla memoria. Un impegno di lavoro a cui arrivo rilassato, contento, in pace con me stesso e con gli altri. Lo affronto con pacatezza, ascoltando gli altri, accondiscendendo mentre esprimo le mie opinioni e punti di vista. Sono rilassato e riposato. Sensazioni che avevo completamente dimenticato in ambito lavorativo. Mi chiedo se possa servire anche a tanti altri, non solo a me, avere la possibilità di vivere con meno frenesia, meno stress, meno velocemente, riassaporando il gusto delle cose semplici. (Testo e foto di Fabio Galli)

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Fernando Da Re

Un cuore, due gambe e una bicicletta. In testa sempre la fresca vivacità di raccontare. Il risultato lo ritroviamo in questo sito da lui creato e portato avanti con l’entusiasmo e l’impeto dell’atleta che cerca risultati.


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